Iniziamo con le prove documentali dell'episodio: questo che vedete nella foto non è un pizzino (anche se lo sembra) ma una ufficiale "ricevuta di parcheggio autovettura"
Sulla "ricevuta" c'è scritto: "PARCHEGGIATO DA SALVO - RIENTRO 30/10/10 - - - 20,00".
Ora però bisogna raccontare la storia.
Siamo a Catania, alcuni giorni fa. E' il 29 ottobre e I. (In realtà I. è una donna con un regolare nome e cognome, ma stavolta la chiamiamo così, per convenzione, ok?) arriva in macchina all'aeroporto: è maledettamente in ritardo, l'aereo sta per partire e lei deve ancora posteggiare. Orrore: l'aeroporto, o meglio le aree circostanti all'aeroporto, sono invase da un traffico caotico, attirato da una non meglio precisata manifestazione commerciale. E, soprattutto, di posti per parcheggiare nemmeno l'ombra. Gocce di sudore freddo imperlano la fronte di I. di fronte alla prospettiva di perdere il volo e di mancare tutti gli appuntamenti che l'aspettano nel continente. All'improvviso una voce fresca, giovane, entra dal finestrino aperto: un "picciotto" alla guida di uno scooter si avvicina alla macchina imbottigliata nel traffico e, in stretto dialetto catanese, dice: "Signòra, mmi sègua". I. è preoccupata, non sa che fare, il picciotto non ispira fiducia a prima vista, ma la paura di perdere il volo vince le ansie e I. si trova a seguire lo scooter che, novello Mosè, le apre con tutti i mezzi un passaggio fra le macchine bloccate. Imbocca strade contromano, vìola in pochi metri una ventina di articoli assortiti del codice della strada, ma alla fine arriva su un piazzale interno dell'aeroporto che fino ad allora aveva pensato servisse alle manovre degli aeroplani.
Il giovane scooterista le fa cenno di fermare la macchina, si avvicina e riscuote il (modesto) prezzo del suo intervento. Dopodiché, con classe, prende la penna e verga su un foglio le poche righe che avete letto nella foto all'inizio di questa storia. E I. parte, convinta che al ritorno, lì dove lei ha lasciato la sua auto, troverà un Airbus 320 in manutenzione.
Siamo ora al 30 ottobre, il giorno successivo. Sono le 23.00, è buio, piove.
I. scende dalla scaletta dell'aereo consapevole di cosa l'attende al rientro a casa se non troverà più la macchina. Un primo assaggio l'ha avuto al telefono, quando ha confidato al marito di aver lasciato la macchina di famiglia in custodia al "picciotto" catanese. Percorre i viali bui e bagnati, gira un angolo e...in fondo al piazzale, un flash: la macchina. C'è tutta, nel senso di carrozzeria, motore, accessori, sedili, batteria, ruota di scorta. Si avvicina con passo sempre più veloce, seguendo il ritmo del cuore che batte all'impazzata per la gioia. E' quasi arrivata quando alle spalle una voce la gela: "Signòra, ma ce l'ha la rricevuuta?". Un uomo non alto, ben piazzato, con un giubbino catarifrangente giallo le è dietro. Potrebbe essere un vigilante, un addetto dell'aeroporto, un malintenzionato, chissà. I. non sa cosa dire, non sa cosa fare. Una sola cosa le viene in mente, sapendo che le costerà cara. Prende dalla tasca il foglietto spiegazzato datole il giorno precedente da Salvo e, tremante, lo porge all'uomo. Rimane lì, impaurita della reazione che dovrà fronteggiare.
"Tutto a posto, signòra, si accomodasse", fa l'uomo, e con un gesto elegante apre la portiera della macchina, abbozza un elegante inchino e la saluta, mentre I., frastornata, si allontana in macchina lungo il viale.
Sulla "ricevuta" c'è scritto: "PARCHEGGIATO DA SALVO - RIENTRO 30/10/10 - - - 20,00".
Ora però bisogna raccontare la storia.
Siamo a Catania, alcuni giorni fa. E' il 29 ottobre e I. (In realtà I. è una donna con un regolare nome e cognome, ma stavolta la chiamiamo così, per convenzione, ok?) arriva in macchina all'aeroporto: è maledettamente in ritardo, l'aereo sta per partire e lei deve ancora posteggiare. Orrore: l'aeroporto, o meglio le aree circostanti all'aeroporto, sono invase da un traffico caotico, attirato da una non meglio precisata manifestazione commerciale. E, soprattutto, di posti per parcheggiare nemmeno l'ombra. Gocce di sudore freddo imperlano la fronte di I. di fronte alla prospettiva di perdere il volo e di mancare tutti gli appuntamenti che l'aspettano nel continente. All'improvviso una voce fresca, giovane, entra dal finestrino aperto: un "picciotto" alla guida di uno scooter si avvicina alla macchina imbottigliata nel traffico e, in stretto dialetto catanese, dice: "Signòra, mmi sègua". I. è preoccupata, non sa che fare, il picciotto non ispira fiducia a prima vista, ma la paura di perdere il volo vince le ansie e I. si trova a seguire lo scooter che, novello Mosè, le apre con tutti i mezzi un passaggio fra le macchine bloccate. Imbocca strade contromano, vìola in pochi metri una ventina di articoli assortiti del codice della strada, ma alla fine arriva su un piazzale interno dell'aeroporto che fino ad allora aveva pensato servisse alle manovre degli aeroplani.
Il giovane scooterista le fa cenno di fermare la macchina, si avvicina e riscuote il (modesto) prezzo del suo intervento. Dopodiché, con classe, prende la penna e verga su un foglio le poche righe che avete letto nella foto all'inizio di questa storia. E I. parte, convinta che al ritorno, lì dove lei ha lasciato la sua auto, troverà un Airbus 320 in manutenzione.
Siamo ora al 30 ottobre, il giorno successivo. Sono le 23.00, è buio, piove.
I. scende dalla scaletta dell'aereo consapevole di cosa l'attende al rientro a casa se non troverà più la macchina. Un primo assaggio l'ha avuto al telefono, quando ha confidato al marito di aver lasciato la macchina di famiglia in custodia al "picciotto" catanese. Percorre i viali bui e bagnati, gira un angolo e...in fondo al piazzale, un flash: la macchina. C'è tutta, nel senso di carrozzeria, motore, accessori, sedili, batteria, ruota di scorta. Si avvicina con passo sempre più veloce, seguendo il ritmo del cuore che batte all'impazzata per la gioia. E' quasi arrivata quando alle spalle una voce la gela: "Signòra, ma ce l'ha la rricevuuta?". Un uomo non alto, ben piazzato, con un giubbino catarifrangente giallo le è dietro. Potrebbe essere un vigilante, un addetto dell'aeroporto, un malintenzionato, chissà. I. non sa cosa dire, non sa cosa fare. Una sola cosa le viene in mente, sapendo che le costerà cara. Prende dalla tasca il foglietto spiegazzato datole il giorno precedente da Salvo e, tremante, lo porge all'uomo. Rimane lì, impaurita della reazione che dovrà fronteggiare.
"Tutto a posto, signòra, si accomodasse", fa l'uomo, e con un gesto elegante apre la portiera della macchina, abbozza un elegante inchino e la saluta, mentre I., frastornata, si allontana in macchina lungo il viale.
Commenti
i. (omonima della protagonista)
m
dopotutto è lo stesso discorso delle ricevute dei taxi...