È morto ieri a 85 anni Alan Oakley, l'uomo che nel 1967 progettò per la Raleigh uno dei più singolari e fortunati modelli di bicicletta, la "Chopper",
che salvò dal fallimento la fabbrica inglese. Il primo esemplare della strana bici fu messo in vendita in Inghilterra nel settembre del 1969, ed uscì di produzione nel 1984 con il record di 1,5 milioni di pezzi venduti. Per noi adolescenti degli anni '70 la chopper era rivoluzionaria, con il suo sedile largo con lo schienale, il cambio con la leva come un'automobile,
la ruota posteriore grande e quella anteriore piccolissima, il manubrio altissimo e ripiegato all'interno. Per noi ragazzi nati alla fine degli anni '50 la bici era solo quella pesante d'acciaio da corsa o da città, non c'era l'alluminio, al massimo l'olandesina, ma solo per le donne o per contadini emiliani. Ancora non erano nate le mountain bike e l'unica altra rivoluzionaria apparsa sulle strade era la Graziella, troppa da "sciura" però per noi monelli che amavano andare per prati e fossi. Non che la chopper fosse una fuoristrada nata, ma faceva sognare spazi aperti, praterie che chiedevano solo di essere pedalate.
Era amore a prima vista, ma un amore rimaneva, perché appariva trooppo strana per i nostri papà, che al massimo ci compravano una "Cesare Rizzato" con le ruote da 28" (tanto poi cresci), con la "canna" fra le gambe, bella solida e molto tradizionale o una mastodontica e ingestibile pieghevole simil Graziella con il freno a contropedale. E così, se in villa o al mare incontravamo qualche pischello fortunato, ce la facevamo prestare, e bastavano poche pedalate per sentirci padroni di un mondo che invece non ha mai accettato i ciclisti, troppo liberi e sognatori.
che salvò dal fallimento la fabbrica inglese. Il primo esemplare della strana bici fu messo in vendita in Inghilterra nel settembre del 1969, ed uscì di produzione nel 1984 con il record di 1,5 milioni di pezzi venduti. Per noi adolescenti degli anni '70 la chopper era rivoluzionaria, con il suo sedile largo con lo schienale, il cambio con la leva come un'automobile,
la ruota posteriore grande e quella anteriore piccolissima, il manubrio altissimo e ripiegato all'interno. Per noi ragazzi nati alla fine degli anni '50 la bici era solo quella pesante d'acciaio da corsa o da città, non c'era l'alluminio, al massimo l'olandesina, ma solo per le donne o per contadini emiliani. Ancora non erano nate le mountain bike e l'unica altra rivoluzionaria apparsa sulle strade era la Graziella, troppa da "sciura" però per noi monelli che amavano andare per prati e fossi. Non che la chopper fosse una fuoristrada nata, ma faceva sognare spazi aperti, praterie che chiedevano solo di essere pedalate.
Era amore a prima vista, ma un amore rimaneva, perché appariva trooppo strana per i nostri papà, che al massimo ci compravano una "Cesare Rizzato" con le ruote da 28" (tanto poi cresci), con la "canna" fra le gambe, bella solida e molto tradizionale o una mastodontica e ingestibile pieghevole simil Graziella con il freno a contropedale. E così, se in villa o al mare incontravamo qualche pischello fortunato, ce la facevamo prestare, e bastavano poche pedalate per sentirci padroni di un mondo che invece non ha mai accettato i ciclisti, troppo liberi e sognatori.
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Stefano.mezzena@icloud.com