Passa ai contenuti principali

L'Eroica

Ci siamo: mancano tre giorni all'Eroica. Domenica mattina all'alba, insieme ad altre migliaia di ciclisti, affronterò questa sfida d'altri tempi: percorrere in bici un lungo tracciato su strade prevalentemente non asfaltate usando una bici "vecchia", cioè costruita prima degli anni '80, con il telaio in acciaio, con le leve del cambio sul tubo obliquo e i pedali con le "gabbiette".
Ricordo come sembrava lontano questo momento quando a febbraio mi iscrissi, insieme a tre colleghi, appena aperte le iscrizioni. Volevamo essere tra i primi, avevamo una specie di fuoco che ci bruciava dentro. Folli!
Da quel momento iniziò un vero e proprio conto alla rovescia mentale, nel quale, alla diminuzione dei giorni che mancavano all'Eroica corrispondeva l'aumento dell'intensità degli allenamenti. Da febbraio ne ho fatte di salite, e nei momenti di debolezza o sconforto l'unico sprone a proseguire era "dai, questa fatica ti serve per l'Eroica".
E ora che siamo arrivati alla fatidica data mi sento comunque impreparato, intimorito di fronte a quest'impresa assurda di percorrere decine e decine di chilometri su strade bianche in Toscana, salendo e scendendo (1800 m di dislivello per il percorso da 75 km) per le colline del Chianti e della Val d'Orcia.
Chi già ha partecipato mi parla di un clima goliardico, scherzoso, di una vera festa dello sport. A me, oggi, a tre giorni dall'evento, sembra invece solo di sentire il peso di questo percorso e mi viene una gran voglia di scappare. Non lo farò, ma oggi me la sento così.

Commenti

Anonimo ha detto…
Dai Mago sei carico al punto giusto! Poi quest'ultimo mese lo hai fatto alla grande.
Ventus
Anonimo ha detto…
mago, l'eroica é una esperirenza unica. Vai senza fretta e per evitare forature gonfiate tanto le gomme. Questi consigli del capomeccanico furono molto utili e né caiofabricius né io bucammo. Ah, riguardo il ristoro ricordo che lo trovammo molto oltre la meta' del percorso ed arrivammo con poche riserve.
Ciao. Giancamar.

Post popolari in questo blog

L'arco e la via di Tiradiavoli. E' pericoloso passarci?

Lo sapete che a Roma esiste una via che si chiamava “via Tiradiavoli”? E che su questa via passa un arco chiamato “arco Tiradiavoli”? E che molti di noi la percorrono ogni giorno senza saperlo? E sarà pericoloso questo passaggio? Fermi tutti, innanzitutto spieghiamo dove siamo: ci troviamo su via Aurelia (antica) nel tratto che fiancheggia da un lato Villa Pamphili e dall’altro il giardino di Villa Abamelek, la residenza romana dell’ambasciatore russo a Roma. Il posto è questo che vedete qui nella foto   Ma perché il popolo romano chiamava questa via, e l’arco, che la sovrasta, “Tiradiavoli”?  Una possibilità riguarda la figura della celeberrima Olimpia Maidalchini Pamphili, la celebre “Pimpaccia” a cui è anche intitolata una via qui vicino, Via di Donna Olimpia.  Questa donna, spregiudicata e abile, grazie alle sue capacità fu potentissima durante il pontificato di Innocenzo X, nella prima metà del 17° secolo. Questa sua avidità di denaro e potere la resero temuta e odiata dal popolo

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte,

La storia infinita dell'ex residence Bravetta

Il Corriere della Sera del 28 maggio dà notizia della condanna di Barbara Mezzaroma a 23 mesi di reclusione per aver demolito un palazzo nell’ex residence Bravetta, senza averne il permesso. La contestazione mossa all’amministratrice delegata di Impreme è di abuso in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in violazione del testo unico sull’edilizia e del codice dei beni culturali e del paesaggio. La demolizione è avvenuta tra il 2015 e il 2017, mentre il Comune nel 2007 si era accordato con il gruppo Mezzaroma per la riqualificazione del residence, realizzato negli anni Settanta. Quello che a noi abitanti del quartiere risulta difficile da comprendere è il contenuto della decisione del giudici. Il giudice ha infatti stabilito che la Mezzaroma dovrà ricostruire l’immobile e pagare un risarcimento danni al Comune pari a 70 mila euro. Condizione questa cui è sottoposta la sospensione della pena. La domanda che noi ci poniamo è "ma il giudice ha presente cosa sia l