Ciao Rosa, alla fine te ne sei andata via senza che riuscissi a darti nemmeno una carezza o un bacio. Ma forse non avresti voluto, perché eri troppo riservata per concederti un riconoscimento di debolezza. Infatti eri sì sorridente, solare, bellissima, ma anche una gran "capa tosta".
Quante volte abbiamo discusso e mai, davvero mai, sono riuscito a farti cambiare idea. Al limite, ma proprio al limite, accettavi di fare i lavori che ti chiedevo, sottolineando però con chiarezza che non eri d'accordo.
Ci conoscemmo poco più di tre anni fa: tu una giovane studentessa fuori sede ed io un vecchio prof. Mi colpì la tua serietà, la tua voglia di fare sempre tutto nel miglior modo possibile, il tuo desiderio di imparare, conoscere, sapere. Ci trovammo a discutere di libri, di articoli, di approfondimenti del programma.
Poi iniziammo a lavorare insieme, fianco a fianco: prima lo stage, poi i contratti a tempo, poi finalmente l'assunzione. Tu eri felice, ma dopo poco cominciasti ad avvertire alcuni segni della malattia. Eppure in tre anni mai un lamento, una parola di stanchezza o di sofferenza è uscita dalla tua bocca. L'importante per te era non restare indietro con il lavoro e soprattutto che nessuno in ufficio conoscesse le tue difficoltà di salute. Orgoglio, dignità, fierezza, tutte parole che descrivono bene il tuo approccio ai rapporti con gli altri.
Sapevo da molti mesi che stavi percorrendo una strada maledettamente segnata, ma fino all'ultimo ho sperato che il miracolo avvenisse. Avevo chiesto, due anni fa, alla Madonna di Lourdes di accoglierti nella Sua protezione ed ero convinto che, attraverso i medici che ti curavano, il miracolo fosse avvenuto.
Ma il Signore aveva per te altri programmi. Ci siamo visti l'ultima volta il 14 maggio: eri preoccupata perché sentivi un fastidio alla gola che ti impediva di parlare e deglutire. Io ti salutai augurandoti di rivederti dopo un paio di giorni di riposo.
Non ti ho più vista: quando venni in ospedale ai primi di agosto per portarti una copia del bilancio di sostenibilità al quale avevi tanto lavorato rispettai il tuo desiderio. Lascia il libro a Tommy e me ne andai senza entrare nella tua stanza. Nel pomeriggio, era un sabato, la tua telefonata. Una voce stanca ma bella, con la quale hai voluto ringraziarmi. Da allora non ti ho più nemmeno sentita. Da allora solo messaggini su Whatsapp e poi, all'improvviso...più niente. Pamela aveva preso il tuo cellulare e mandava poche notizie, sempre le stesse, tragiche, strazianti notizie.
Stamattina ti sei stufata ed hai deciso di andartene: questa storia della malattia era durata anche troppo per i tuoi gusti. Non potevi più perdere tempo qui fra noi, hai cose molto più belle e interessanti da vedere e fare in cielo. Lo so che ora sei felice, stai bene. Però, mannaggia, mi manchi tanto.
Addio Rosa
Quante volte abbiamo discusso e mai, davvero mai, sono riuscito a farti cambiare idea. Al limite, ma proprio al limite, accettavi di fare i lavori che ti chiedevo, sottolineando però con chiarezza che non eri d'accordo.
Ci conoscemmo poco più di tre anni fa: tu una giovane studentessa fuori sede ed io un vecchio prof. Mi colpì la tua serietà, la tua voglia di fare sempre tutto nel miglior modo possibile, il tuo desiderio di imparare, conoscere, sapere. Ci trovammo a discutere di libri, di articoli, di approfondimenti del programma.
Poi iniziammo a lavorare insieme, fianco a fianco: prima lo stage, poi i contratti a tempo, poi finalmente l'assunzione. Tu eri felice, ma dopo poco cominciasti ad avvertire alcuni segni della malattia. Eppure in tre anni mai un lamento, una parola di stanchezza o di sofferenza è uscita dalla tua bocca. L'importante per te era non restare indietro con il lavoro e soprattutto che nessuno in ufficio conoscesse le tue difficoltà di salute. Orgoglio, dignità, fierezza, tutte parole che descrivono bene il tuo approccio ai rapporti con gli altri.
Sapevo da molti mesi che stavi percorrendo una strada maledettamente segnata, ma fino all'ultimo ho sperato che il miracolo avvenisse. Avevo chiesto, due anni fa, alla Madonna di Lourdes di accoglierti nella Sua protezione ed ero convinto che, attraverso i medici che ti curavano, il miracolo fosse avvenuto.
Ma il Signore aveva per te altri programmi. Ci siamo visti l'ultima volta il 14 maggio: eri preoccupata perché sentivi un fastidio alla gola che ti impediva di parlare e deglutire. Io ti salutai augurandoti di rivederti dopo un paio di giorni di riposo.
Non ti ho più vista: quando venni in ospedale ai primi di agosto per portarti una copia del bilancio di sostenibilità al quale avevi tanto lavorato rispettai il tuo desiderio. Lascia il libro a Tommy e me ne andai senza entrare nella tua stanza. Nel pomeriggio, era un sabato, la tua telefonata. Una voce stanca ma bella, con la quale hai voluto ringraziarmi. Da allora non ti ho più nemmeno sentita. Da allora solo messaggini su Whatsapp e poi, all'improvviso...più niente. Pamela aveva preso il tuo cellulare e mandava poche notizie, sempre le stesse, tragiche, strazianti notizie.
Stamattina ti sei stufata ed hai deciso di andartene: questa storia della malattia era durata anche troppo per i tuoi gusti. Non potevi più perdere tempo qui fra noi, hai cose molto più belle e interessanti da vedere e fare in cielo. Lo so che ora sei felice, stai bene. Però, mannaggia, mi manchi tanto.
Addio Rosa
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