Se chiedessi a miei contatti social "conosci Gabriele Rubini?" risponderebbe sì una parte del mondo romano del rugby. Ma pochi altri si aggiungerebbero al gruppetto. Se chiedessi invece "conosci Chef Rubio?" tanti in tutta Italia alzerebbero la mano, ricordando il protagonista dei celebri show televisivi su DMax.
Stasera però ho incontrato proprio Gabriele, aka Chef Rubio, in una veste ancora inconsueta per il suo pubblico: quella di scrittore-fotografo. E a farmene conoscere il talento e la profondità è stata la presentazione del suo libro fotografico "Mi sono mangiato il mondo", intervistato dal giornalista e amico Daniele Piervincenzi presso la libreria RED Feltrinelli di Roma.
E durante la conversazione, con Daniele Piervincenzi prima e con i presenti poi, è venuta fuori la natura di un ragazzo ricco di valori, di curiosità e di talenti. Sbaglierebbe, e di grosso, chi volesse incasellare Gabriele nel personaggio (peraltro divertentissimo) tv. Gabriele è un istrione, un fotografo, un poeta, un figlio (era presente alla presentazione la mamma di Gabriele), un ragazzo normale, un giramondo instancabile, un anticonformista, un serio professionista.
Abbiamo parlato un po' con Gabriele, partendo dal suo libro. Ecco alcune delle cose che ci ha detto.
"Perché ho fatto questo libro? Innanzitutto quando ero in giro per il mondo con la macchina fotografica, non pensavo di scattare queste foto per pubblicare un libro. Quando Rizzoli me l'ha chiesto ho pensato però che fosse una cosa buona. Perché? ad esempio per mio nipote, che quando sarà grande potrà dire "se l'ha fatto lui lo posso fare anche io". Ma anche perché stasera potrei avere un incidente e diventare tetraplegico e così mi potrei riguardare le cose che ho fatto. Oppure perché pur avendo una memoria di ferro potrei dimenticare improvvisamente tutto, e sarebbe bello poter ricostruire il mio passato."
"A me piace poter dare il mio punto di vista su cose che conosco. Ma non giro per il mondo solo per fare foto. Anzi, i viaggi più belli sono quelli che ho fatto senza la macchina fotografica, a volte per scelta a volte per necessità. Ricordo un viaggio in Islanda, quando per imperizia distrussi la costosa macchina fotografica che avevo con me. Non fu possibile riparla e quindi dovetti proseguire senza, e fu un viaggio stupendo."
"Dopo aver iniziato a fotografare con una compattina digitale, ho scoperto il mondo dell'analogico, dal quale non mi allontanerò più. Oggi uso una Leica m6 o una Nikon F2 (ndr: entrambe fotocamera a pellicola non più in produzione.) L'analogico è sicuramente più costoso e complesso del digitale, ma sicuramente mi costringe a riflettere prima di scattare. Con il digitale scatti tutto e sempre: con l'analogico sai di avere un rullino con 36 scatti a disposizione. Allora prima guardi, poi capisci e poi, se sei convinto scatti, e ti sforzi di scattare bene, cercando, se possibile di entrare in relazione con la persona che fotografi".
L'aspetto che mi ha colpito di Gabriele è che, pur avendo opinioni nette, chiare su tanti aspetti del nostro mondo (e non si è certo tirato indietro quando il discorso si è addentrato su temi caldi come il bullismo o il turismo sessuale) non ha mai dato l'impressione di voler essere un maestro o un esempio da imitare, quanto piuttosto è apparso un uomo profondamente libero. Ad esempio Gabriele, che si è definito un uomo di sinistra/anarcoide, non ha avuto problemi a raccontare di un reportage fatto a Cuba, ovviamente dopo esserci stato ed averla girata in lungo e in largo, mostrandone oltre alle bellezze anche i problemi e le tragedie sociali, inimicandosi però per questo una serie di persone di "sinistra".
Una sorta di moderno Kapuściński, secondo l'accostamento proposto da Danieli Piervincenzi, armato più di fotocamera che di taccuino, anche se Gabriele è capace anche di scherzare sulla sua notorietà: "in Pakistan non ero noto come personaggio TV, ma sono diventato soggetto di decine di foto e selfie da parte degli abitanti dei villaggi dove passavo, e tutto a causa dei miei tatuaggi." Ed è anche un sognatore: ha detto che gli piacerebbe fare il cantante per avere un pubblico enorme che dal vivo ascolti una sua canzone.
E questa libertà che manifesta Gabriele illumina anche il lettore del libro. Infatti le foto comprese nella raccolta, pubblicate dopo una lunga fase di selezione, sono state scelte in base alla sua sensibilità, ma con la libertà per ciascuno di apprezzarne una, tutte o qualche particolare. Ad esempio magari "ad una ragazza appassionata di moda potrebbe piace il colore o la foggia di un turbante in una mia immagine mentre io invece l'ho scelta perché c'è un agnellino sgozzato. Ma non mi piace per feticismo ma perché mi spiega una storia".
Insomma, stasera ho da fare. Sto iniziando un viaggio con un nuovo amico, Gabriele. O con Chef Rubio?
Stasera però ho incontrato proprio Gabriele, aka Chef Rubio, in una veste ancora inconsueta per il suo pubblico: quella di scrittore-fotografo. E a farmene conoscere il talento e la profondità è stata la presentazione del suo libro fotografico "Mi sono mangiato il mondo", intervistato dal giornalista e amico Daniele Piervincenzi presso la libreria RED Feltrinelli di Roma.
E durante la conversazione, con Daniele Piervincenzi prima e con i presenti poi, è venuta fuori la natura di un ragazzo ricco di valori, di curiosità e di talenti. Sbaglierebbe, e di grosso, chi volesse incasellare Gabriele nel personaggio (peraltro divertentissimo) tv. Gabriele è un istrione, un fotografo, un poeta, un figlio (era presente alla presentazione la mamma di Gabriele), un ragazzo normale, un giramondo instancabile, un anticonformista, un serio professionista.
Abbiamo parlato un po' con Gabriele, partendo dal suo libro. Ecco alcune delle cose che ci ha detto.
"Perché ho fatto questo libro? Innanzitutto quando ero in giro per il mondo con la macchina fotografica, non pensavo di scattare queste foto per pubblicare un libro. Quando Rizzoli me l'ha chiesto ho pensato però che fosse una cosa buona. Perché? ad esempio per mio nipote, che quando sarà grande potrà dire "se l'ha fatto lui lo posso fare anche io". Ma anche perché stasera potrei avere un incidente e diventare tetraplegico e così mi potrei riguardare le cose che ho fatto. Oppure perché pur avendo una memoria di ferro potrei dimenticare improvvisamente tutto, e sarebbe bello poter ricostruire il mio passato."
"A me piace poter dare il mio punto di vista su cose che conosco. Ma non giro per il mondo solo per fare foto. Anzi, i viaggi più belli sono quelli che ho fatto senza la macchina fotografica, a volte per scelta a volte per necessità. Ricordo un viaggio in Islanda, quando per imperizia distrussi la costosa macchina fotografica che avevo con me. Non fu possibile riparla e quindi dovetti proseguire senza, e fu un viaggio stupendo."
"Dopo aver iniziato a fotografare con una compattina digitale, ho scoperto il mondo dell'analogico, dal quale non mi allontanerò più. Oggi uso una Leica m6 o una Nikon F2 (ndr: entrambe fotocamera a pellicola non più in produzione.) L'analogico è sicuramente più costoso e complesso del digitale, ma sicuramente mi costringe a riflettere prima di scattare. Con il digitale scatti tutto e sempre: con l'analogico sai di avere un rullino con 36 scatti a disposizione. Allora prima guardi, poi capisci e poi, se sei convinto scatti, e ti sforzi di scattare bene, cercando, se possibile di entrare in relazione con la persona che fotografi".
Dalla pagina Instagram @chefrubiophotographer |
Una sorta di moderno Kapuściński, secondo l'accostamento proposto da Danieli Piervincenzi, armato più di fotocamera che di taccuino, anche se Gabriele è capace anche di scherzare sulla sua notorietà: "in Pakistan non ero noto come personaggio TV, ma sono diventato soggetto di decine di foto e selfie da parte degli abitanti dei villaggi dove passavo, e tutto a causa dei miei tatuaggi." Ed è anche un sognatore: ha detto che gli piacerebbe fare il cantante per avere un pubblico enorme che dal vivo ascolti una sua canzone.
E questa libertà che manifesta Gabriele illumina anche il lettore del libro. Infatti le foto comprese nella raccolta, pubblicate dopo una lunga fase di selezione, sono state scelte in base alla sua sensibilità, ma con la libertà per ciascuno di apprezzarne una, tutte o qualche particolare. Ad esempio magari "ad una ragazza appassionata di moda potrebbe piace il colore o la foggia di un turbante in una mia immagine mentre io invece l'ho scelta perché c'è un agnellino sgozzato. Ma non mi piace per feticismo ma perché mi spiega una storia".
Insomma, stasera ho da fare. Sto iniziando un viaggio con un nuovo amico, Gabriele. O con Chef Rubio?
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