"Sono Laura D'Oriano. Mi hanno uccisa qui, a Forte Bravetta. Avevo solo 31 anni e sono stata l’unica donna ad essere condannata a morte con sentenza eseguita nella storia d’Italia."
"Sono don Giuseppe Morosini, e sono stato ucciso con un colpo sparatomi alla testa da un ufficiale fascista mentre ero legato qui, su questa sedia, nella Piazza d'Armi di Forte Bravetta il 3 aprile del 1943".
"Sono Vittorio Mallozzi, vivevo in quella zona che oggi voi chiamate Valle Aurelia e che alla mia epoca si chiamava Valle dell'Inferno perché noi lavoravamo dentro le fornaci arroventate per fabbricare mattoni. Sono stato ucciso qui, a Forte Bravetta, dalla Polizia dell'Africa Italiana il 31 gennaio del 1944".
Le parole escono chiare dalle loro bocche, senza rabbia, ma con un senso di ineluttabilità, con la freddezza di qualcosa che si è già concluso e che, per quanto terribile non è più rimediabile. A pronunciarle sono i giovani liceali dell'istituto Malpighi IIS via Silvestri 301 di Roma, guidati dai loro professori nella rievocazione di alcune delle più tremende pagine della storia di Roma, gli eccidi dei martiri di Forte Bravetta. In quel luogo nella periferia ovest della capitale, in nove mesi tra la fine del 1943 e giugno del 1944, furono trucidate perché accusate di antifascismo, 68 persone appartenenti alla resistenza romana.
L'occasione è la celebrazione del 25 aprile 2023. Studenti e professori hanno organizzato alcune visite guidate all'interno del Forte Bravetta, normalmente chiuso (solo il Parco circostante al Forte è aperto al pubblico), durante le quali vengono ricordate in soggettiva alcune fra le storie più drammatiche, ammesso che si possa stilare una classifica del dolore, fra quelle accadute in quel piccolo spazio di territorio, allora in aperta campagna.
E al termine della visita i ragazzi chiedono che Forte Bravetta venga dichiarato luogo simbolo contro la pena di morte.
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