Ogni tanto mi ricordo che questo blog è nato per parlare di biciclette e del mondo del ciclismo urbano, e così provo a riprendere un filo di riflessioni che purtroppo però spesso non sono positive.
La riflessione di oggi è sul servizio di Bike Sharing, nel confronto fra a Roma e a Milano (peraltro semplificato, visto che le due città sono amministrate da giunte della stessa parte politica, a dimostrazione che l'attenzione alla qualità della vita e alla mobilità cittadina non è questione di destra o sinistra ma di volontà).Innanzitutto spiego cosa è il bike sharing: si tratta di un servizio pubblico che consente di utilizzare per un breve periodo di tempo una bicicletta, prelevandola da una "stazione" e consegnandola nella stessa o in un'altra stazione. Il servizio è automatico e le operazioni di prelievo e riconsegna avvengono con una carta magnetica che attiva e disattiva i blocchi cui sono assicurate le bici. I costi sono variabili, ma generalmente, tranne che a Roma, la prima mezz'ora è gratuita, e poi il costo cresce in misura progressiva con il passare del tempo. In media possiamo dire che si paga circa 1 euro all'ora.Lo scopo del Bike sharing è quello di incentivare la mobilità ciclistica in città, evitando il problema di dover uscire da casa con la bici e di dover poi trovare un parcheggio sicuro una volta giunti a destinazione.
Questo servizio è attivo in molte città del mondo, ma quella che più lo ha valorizzato è stata Parigi con il "Vélib". In Italia è presente in alcune città, ma è gestito con criteri ed obiettivi vari.
Ad esempio, l'obiettivo del bike sharing di Roma è quello...di farlo fallire, di dimostrare che Roma non è adatta a questo servizio e che quindi è inutile investirci sopra.
La prima prova di questa affermazione è nei numeri: a Roma 200 biciclette, a Milano 850. Le stazioni: a Roma 19, a Milano 90. Gli abbonati: a Roma 3.200 (includendo anche gli iscritti al servizio svolto fino a giugno da una società privata), a Milano oltre 12.000 (nella somma delle varie tipologie: annuale, settimanale, giornaliero).
E poi c'è la gestione quotidiana: ecco un raffronto visivo tra le due stazioni "gioiello" dei bike sharing di Milano e Roma: piazza del Duomo e piazza di Spagna:
Credo che le foto siano esplicative senza bisogno di particolari note. A Milano la "stazione" è in grado di rilasciare molte bici e, infatti, durante il mio sopralluogo (erano circa le 17.00 di un martedì) sono state riconsegnate e prelevate oltre 5 bici.
A Roma invece la stazione è priva di bici (essendo prima delle 9.oo di mattina, non credo che fossero già state tutte noleggiate) e durante la mia permanenza sul sito almeno due persone hanno dovuto rinunciare all'intenzione di prelevare una bici.
via della Panetteria: 1 bici
La riflessione di oggi è sul servizio di Bike Sharing, nel confronto fra a Roma e a Milano (peraltro semplificato, visto che le due città sono amministrate da giunte della stessa parte politica, a dimostrazione che l'attenzione alla qualità della vita e alla mobilità cittadina non è questione di destra o sinistra ma di volontà).Innanzitutto spiego cosa è il bike sharing: si tratta di un servizio pubblico che consente di utilizzare per un breve periodo di tempo una bicicletta, prelevandola da una "stazione" e consegnandola nella stessa o in un'altra stazione. Il servizio è automatico e le operazioni di prelievo e riconsegna avvengono con una carta magnetica che attiva e disattiva i blocchi cui sono assicurate le bici. I costi sono variabili, ma generalmente, tranne che a Roma, la prima mezz'ora è gratuita, e poi il costo cresce in misura progressiva con il passare del tempo. In media possiamo dire che si paga circa 1 euro all'ora.Lo scopo del Bike sharing è quello di incentivare la mobilità ciclistica in città, evitando il problema di dover uscire da casa con la bici e di dover poi trovare un parcheggio sicuro una volta giunti a destinazione.
Questo servizio è attivo in molte città del mondo, ma quella che più lo ha valorizzato è stata Parigi con il "Vélib". In Italia è presente in alcune città, ma è gestito con criteri ed obiettivi vari.
Ad esempio, l'obiettivo del bike sharing di Roma è quello...di farlo fallire, di dimostrare che Roma non è adatta a questo servizio e che quindi è inutile investirci sopra.
La prima prova di questa affermazione è nei numeri: a Roma 200 biciclette, a Milano 850. Le stazioni: a Roma 19, a Milano 90. Gli abbonati: a Roma 3.200 (includendo anche gli iscritti al servizio svolto fino a giugno da una società privata), a Milano oltre 12.000 (nella somma delle varie tipologie: annuale, settimanale, giornaliero).
E poi c'è la gestione quotidiana: ecco un raffronto visivo tra le due stazioni "gioiello" dei bike sharing di Milano e Roma: piazza del Duomo e piazza di Spagna:
Credo che le foto siano esplicative senza bisogno di particolari note. A Milano la "stazione" è in grado di rilasciare molte bici e, infatti, durante il mio sopralluogo (erano circa le 17.00 di un martedì) sono state riconsegnate e prelevate oltre 5 bici.
A Roma invece la stazione è priva di bici (essendo prima delle 9.oo di mattina, non credo che fossero già state tutte noleggiate) e durante la mia permanenza sul sito almeno due persone hanno dovuto rinunciare all'intenzione di prelevare una bici.
E non si può nemmeno dire che si trattasse di una situazione eccezionale o anomala perché alla stessa ora in altre due stazioni la situazione era questa:
via della Panetteria: 1 bici
via di S. Maria in via (fontana di Trevi), 3 bici
La verità è evidente: il servizio a Roma non è curato, non è promosso, non è gestito e sarà lasciato languire, come sta già accadendo per le piste ciclabili, di fatto lasciate andare in malora, interrotte da lavori edili, fagocitate dalle bancarelle delle manifestazioni commerciali, cancellate dai piani della viabilità cittadina.
E allora via libera a SUV, scooter, "macchinette", automobili ovunque, in (lento) movimento e posteggiate (ovunque) in doppia fila. Ma questo è un altro discorso.
La verità è evidente: il servizio a Roma non è curato, non è promosso, non è gestito e sarà lasciato languire, come sta già accadendo per le piste ciclabili, di fatto lasciate andare in malora, interrotte da lavori edili, fagocitate dalle bancarelle delle manifestazioni commerciali, cancellate dai piani della viabilità cittadina.
E allora via libera a SUV, scooter, "macchinette", automobili ovunque, in (lento) movimento e posteggiate (ovunque) in doppia fila. Ma questo è un altro discorso.
Commenti
E, certo, magari noi ci meriteremmo di meglio, ma... :-(