Passa ai contenuti principali

Affrontare il dolore della storia passeggiando nel bosco

Metà agosto 2011. C'è sole, fa caldo e il cielo è luminoso. La capanna dei pastori appare così, in mezzo ad un bosco della montagna pistoiese, dopo una curva del sentiero:

Sembra un tranquillo rifugio appenninico, assolato e frequentato da gitanti allegri e spensierati:

risalente alla metà del XIX secolo, come indica una lapide murata sull'esterno di una parete

Ma il luogo è particolare, e custodisce una memoria atroce che va conosciuta.

Siamo nel luglio del 1944, nei boschi dell'appennino pistoiese, a metà strada del sentiero che conduce verso il Lago Nero. L'aspetto della capanna era questo:
La "Capanna dei pastori" ospita appunto un piccolo gruppo di pastori, cinque per l'esattezza, originari della Versilia e saliti sulle montagne con le pecore. Sono i giorni tremendi della Repubblica di Salò, della guerra partigiana, e la capanna si trova appena al di qua della linea gotica, allestita dai nazisti per difendersi dagli attacchi delle truppe alleate.
E' il 12 luglio, fa sicuramente caldo anche sulla montagna pistoiese. Nella zona della capanna dei pastori opera una formazione partigiana, il "Gruppo Patrioti XI zona" o "Banda Pippo", dal nome del comandante, Manrico Ducceschi detto Pippo. Due partigiani di questa formazione sono nel rifugio per ricevere cibo e bevande. Qualcuno però in paese sa della loro presenza ed ha tradito: i tedeschi, probabilmente guidati da una guida locale, vanno a colpo sicuro. Accerchiano la capanna e con un'azione fulminea attaccano il luogo. Il finale è inevitabile. Questo l'asciutto resoconto contenuto nel diario della "Banda Pippo":
Dal diario della formazione "Pippo", distaccamento "Lago Nero":
12 luglio 1944. Un forte reparto tedesco guidato, da alcuni delatori fascisti, esegue un attacco di sorpresa in località "Capanna" del Lago Nero, base di rifornimento del distaccamento. Viene accerchiata la baita, nella quale si trovavano 8 pastori ed i patrioti Ribilotta Salvatore e Vannucci Luciano, inviati sul posto per il prelievo giornaliero di viveri. All'apertura del fuoco da parte tedesca viene risposto dai patrioti e dai pastori coll'intento di aprirsi un varco nell'accerchiamento. Nel tentativo periscono 6 pastori e viene catturato Vannucci Luciano […] L'attacco è stato così immediato e violento che i rinforzi provenienti da più distaccamenti sono giunti sul luogo dopo che i tedeschi si erano ritirati […]

Il sito "Resistenza Toscana" precisa meglio i dettagli dell'episodio:
"Ci sono alcune imprecisioni nel testo (del diario), infatti i pastori erano cinque: i fratelli Baldini Dino (1903) e Luigi (1913) di Pietrasanta; i cugini Bertuccelli Leandro (1913, Pietrasanta) e Luigi (1884, Massa Carrara) e Paolini Giovanni (1913, Vecchiano). Erano disarmati e quindi non poterono sparare!
Anche il cognome del patriota Salvatore Ribilotta, probabilmente non è esatto dato che nel prosieguo del diario della Formazione è trascritto con diverse varianti: Rubillotta, Rubilotto, così come il comune di origine che dovrebbe essere Militello Val di Catania.
Di certo sappiamo che era un renitente alla leva della R.S.I. aggregato alla formazione di "Pippo", ma proveniva dalla "Costrignano"; per lui, a guerra finita, ci sarà anche una proposta per una medaglia al valore (mai concretizzata).
Ma non tutti i pastori furono uccisi sul posto; uno di loro, ferito, fu usato per trasportare a valle due pecore abbattute ma, giunto stremato in località "Ghiaccion di Comino", di fronte all'ingresso dell'Orto Botanico, venne finito con una scarica di mitra.
Del patriota Vannucci, condotto ferito a Villa Bice di San Marcello, forse per essere interrogato, se ne sono perse le tracce, dato che risulta, all'anagrafe, disperso in guerra.
I resti mortali dei pastori vennero ricomposti, dopo alcuni giorni, dalle mani pietose di Argia Bertini e Elena Colò; ad una prima inumazione provvisoria, a guerra finita, seguì il triste viaggio verso le destinazioni di origine."


Una scheda su questo tragico episodio è consultabile sul sito Eccidi Nazifascisti
Per una miglior comprensione del periodo storico rimando ad un'interessante tesina della studentessa Domitilla Santi, che descrive con chiarezza il clima di odio e di paura che si viveva in quelle terre nel 1943-44. Lo fa raccontando la biografia di Manrico Ducceschi, il comandante "Pippo", cui oggi sono dedicati un sito e un blog.

Oggi la capanna (o casetta) dei Pastori è un rifugio di montagna a disposizione dei gitanti e degli amanti del trekking

Un cartello ricorda ai passanti i tragici episodi del 12 luglio 1944
e a fianco del sentiero una croce e un altarino con una statuetta della madonna inducono ad una sosta e ad una preghiera alla memoria di chi tanti anni fa cadde per la libertà e perché nel mondo si affermino la pace e la tolleranza


Commenti

Famiglia Nisi ha detto…
il Partigiano, si Chiamava Salvatore Ribilotta e la città era Mirabella Imbaccari (CT)

Post popolari in questo blog

L'arco e la via di Tiradiavoli. E' pericoloso passarci?

Lo sapete che a Roma esiste una via che si chiamava “via Tiradiavoli”? E che su questa via passa un arco chiamato “arco Tiradiavoli”? E che molti di noi la percorrono ogni giorno senza saperlo? E sarà pericoloso questo passaggio? Fermi tutti, innanzitutto spieghiamo dove siamo: ci troviamo su via Aurelia (antica) nel tratto che fiancheggia da un lato Villa Pamphili e dall’altro il giardino di Villa Abamelek, la residenza romana dell’ambasciatore russo a Roma. Il posto è questo che vedete qui nella foto   Ma perché il popolo romano chiamava questa via, e l’arco, che la sovrasta, “Tiradiavoli”?  Una possibilità riguarda la figura della celeberrima Olimpia Maidalchini Pamphili, la celebre “Pimpaccia” a cui è anche intitolata una via qui vicino, Via di Donna Olimpia.  Questa donna, spregiudicata e abile, grazie alle sue capacità fu potentissima durante il pontificato di Innocenzo X, nella prima metà del 17° secolo. Questa sua avidità di denaro e potere la resero temuta e odia...

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte, ...

Il Chopper di Alan Oakley e i miei sogni di ragazzino

È morto ieri a 85 anni Alan Oakley, l'uomo che nel 1967 progettò per la Raleigh uno dei più singolari e fortunati modelli di bicicletta, la "Chopper", che salvò dal fallimento la fabbrica inglese. Il primo esemplare della strana bici fu messo in vendita in Inghilterra nel settembre del 1969, ed uscì di produzione nel 1984 con il record di 1,5 milioni di pezzi venduti. Per noi adolescenti degli anni '70 la chopper era rivoluzionaria, con il suo sedile largo con lo schienale, il cambio con la leva come un'automobile, la ruota posteriore grande e quella anteriore piccolissima, il manubrio altissimo e ripiegato all'interno. Per noi ragazzi nati alla fine degli anni '50 la bici era solo quella pesante d'acciaio da corsa o da città, non c'era l'alluminio, al massimo l'olandesina, ma solo per le donne o per contadini emiliani. Ancora non erano nate le mountain bike e l'unica altra rivoluzionaria apparsa sulle strade era la Graziella...