Non ce la faccio a commentare questa realtà.
Però posso ricordare...
Questa persona negli anni '70 , quando entrambi eravamo giovani liceali (siamo coetanei), militava in gruppi "politici" noti per la capacità di affrontare i problemi con le maniere spicce (la legge della catena). Le calate dalla sezione MSI di Balduina, le cacce all'uomo che partivano da via Assarotti erano drammatiche, improvvise come le folate del vento, e si lasciavano dietro scie di teste rotte. Furono anni bui, di piombo qualcuno ha detto, si pestava da una parte e dall'altra, senza vinti né vincitori, senza che qualcuno avesse più ragione dell'altro, ma si "menava", ammazza se si si menava!
Io per 5 anni entrai a scuola fra 2 schiere di poliziotti in assetto antisommossa. Non parlo per metafora: per 5 anni, tutti i giorni di scuola in un liceo pubblico nel centro della capitale, i poliziotti erano schierati nell'ingresso dell'istituto (sì, dentro l'atrio) per evitare (e non sempre ci riuscivano) pestaggi e risse. E allora la caccia allo studente si disperdeva nei vicoli: via Giulia, via dei Banchi Vecchi, via di Monserrato, fino a piazza Farnese. Bastava indossare un abito sbagliato (un eskimo, un paio di clark) o avere a tracolla la borsa di Tolfa, che si rischiava di essere pestati a sangue da figuri con un casco in testa e un foulard sulla faccia. Guai ad andare in giro da solo. Non occorreva essere noti o schedati: non importava se eri maschio o femmina: la legge della catena non prevedeva sconti per nessuno. Era una lotta per il controllo del territorio, una lotta di provocazioni e prevaricazioni che agitava, lacerava, devastava le coscienze di giovani che in quegli anni si stavano formando. E ogni tanto qualcuno cadeva ammazzato: una sprangata in testa, un colpo di pistola, una coltellata, un rogo, e quei ragazzi che oggi sono solo dei nomi, in un istante diventavano cadaveri sull'asfalto. E allora via, altre manifestazioni, altro odio, altro sangue. Altri slogan... "...il nostro onore si chiama fedeltà", e io mi chiedevo a che cosa fossero fedeli questi figuri.
Ecco, venerdì, mentre riflettevo sul piazzale delle fosse ardeatine, mi tornavano in mente quelle facce, quelle corse, quelle urla, quegli slogan. E siccome la vita è fatta di scelte, io scelsi, 30 anni fa, pensando che il mio paese non avrebbe mai dovuto sopportare più gli orrori vissuti nel periodo fra le due guerre mondiali.
E siccome la vita è fatta di scelte, io scelsi allora, e confermo oggi: ora e sempre resistenza!
Però posso ricordare...
Questa persona negli anni '70 , quando entrambi eravamo giovani liceali (siamo coetanei), militava in gruppi "politici" noti per la capacità di affrontare i problemi con le maniere spicce (la legge della catena). Le calate dalla sezione MSI di Balduina, le cacce all'uomo che partivano da via Assarotti erano drammatiche, improvvise come le folate del vento, e si lasciavano dietro scie di teste rotte. Furono anni bui, di piombo qualcuno ha detto, si pestava da una parte e dall'altra, senza vinti né vincitori, senza che qualcuno avesse più ragione dell'altro, ma si "menava", ammazza se si si menava!
Io per 5 anni entrai a scuola fra 2 schiere di poliziotti in assetto antisommossa. Non parlo per metafora: per 5 anni, tutti i giorni di scuola in un liceo pubblico nel centro della capitale, i poliziotti erano schierati nell'ingresso dell'istituto (sì, dentro l'atrio) per evitare (e non sempre ci riuscivano) pestaggi e risse. E allora la caccia allo studente si disperdeva nei vicoli: via Giulia, via dei Banchi Vecchi, via di Monserrato, fino a piazza Farnese. Bastava indossare un abito sbagliato (un eskimo, un paio di clark) o avere a tracolla la borsa di Tolfa, che si rischiava di essere pestati a sangue da figuri con un casco in testa e un foulard sulla faccia. Guai ad andare in giro da solo. Non occorreva essere noti o schedati: non importava se eri maschio o femmina: la legge della catena non prevedeva sconti per nessuno. Era una lotta per il controllo del territorio, una lotta di provocazioni e prevaricazioni che agitava, lacerava, devastava le coscienze di giovani che in quegli anni si stavano formando. E ogni tanto qualcuno cadeva ammazzato: una sprangata in testa, un colpo di pistola, una coltellata, un rogo, e quei ragazzi che oggi sono solo dei nomi, in un istante diventavano cadaveri sull'asfalto. E allora via, altre manifestazioni, altro odio, altro sangue. Altri slogan... "...il nostro onore si chiama fedeltà", e io mi chiedevo a che cosa fossero fedeli questi figuri.
Ecco, venerdì, mentre riflettevo sul piazzale delle fosse ardeatine, mi tornavano in mente quelle facce, quelle corse, quelle urla, quegli slogan. E siccome la vita è fatta di scelte, io scelsi, 30 anni fa, pensando che il mio paese non avrebbe mai dovuto sopportare più gli orrori vissuti nel periodo fra le due guerre mondiali.
E siccome la vita è fatta di scelte, io scelsi allora, e confermo oggi: ora e sempre resistenza!
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