Passa ai contenuti principali

Chi scrive queste parole?

"Disinteresse delle istituzioni. Prepotenza di troppi automobilisti. Disinvoltura eccessiva di non pochi ciclisti. Senso civico latitante. Basta e avanza per spiegare perché in Italia la cultura della bicicletta come strumento di mobilità compatibile sia confinata in realtà territoriali molto ristrette. Ciclocity, iniziativa lanciata a Parigi e Lione, ma destinata ad estendersi ad altre città (da Marsiglia a Bruxelles, da Vienna a Siviglia) da noi sarebbe fantascienza: per 1 euro al giorno (o 29 all'anno) si noleggia una bici da ritirare e riconsegnare in apposite aree attrezzate nei centri storici...."

Parole dure, che colpiscono al cuore il problema dell'inadeguatezza della nostra classe politica ma anche dell'insensibilità degli abitanti delle città italiane, che preferiscono ammassarsi nelle interminabili code del traffico quotidiano invece di pretendere provvedimenti urgenti a favore della bicicletta. Penso ad esempio alle migliaia di ragazzi che, compiuti i 14 anni, ricevono in dono il ciclomotore, o peggio la tremenda "macchinetta", una specie di scatoletta, costosissima e puzzolente, spinta da un fragorso motore diesel agricolo. E così i parcheggi delle scuole superiori si riempiono di scooter e moto invece che di silenziose e non puzzolenti bici.
Perché non si allestiscono piste ciclabili che colleghino le scuole ai dintorni del quartiere dove sorgono? Ogni scuola dovrebbe essere collegata con 2/3 km di pista ciclabile, per consentire ad una gran parte degli studenti di recarsi a scuola in bici in sicurezza. Ma chi dei nostri politici ed amministratori avrà voglia di ascoltare queste parole se noi stessi per primi non ci sforziamo di essere attivi e propositivi?Ma torniamo al titolo del post: chi pensi abbia scritto le parole che ho riportato poco sopra? un esponente ambientalista? un'associazione per la difesa del territorio? un sito per la promozione dell'uso della bicicletta in città? Noo, acqua! Le parole che ho trascritto sono pubblicate a pag. VII dell'inserto "Affari Privati" del numero di lunedì 10 settembre di...Il Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria italiana!!

Commenti

Post popolari in questo blog

L'arco e la via di Tiradiavoli. E' pericoloso passarci?

Lo sapete che a Roma esiste una via che si chiamava “via Tiradiavoli”? E che su questa via passa un arco chiamato “arco Tiradiavoli”? E che molti di noi la percorrono ogni giorno senza saperlo? E sarà pericoloso questo passaggio? Fermi tutti, innanzitutto spieghiamo dove siamo: ci troviamo su via Aurelia (antica) nel tratto che fiancheggia da un lato Villa Pamphili e dall’altro il giardino di Villa Abamelek, la residenza romana dell’ambasciatore russo a Roma. Il posto è questo che vedete qui nella foto   Ma perché il popolo romano chiamava questa via, e l’arco, che la sovrasta, “Tiradiavoli”?  Una possibilità riguarda la figura della celeberrima Olimpia Maidalchini Pamphili, la celebre “Pimpaccia” a cui è anche intitolata una via qui vicino, Via di Donna Olimpia.  Questa donna, spregiudicata e abile, grazie alle sue capacità fu potentissima durante il pontificato di Innocenzo X, nella prima metà del 17° secolo. Questa sua avidità di denaro e potere la resero temuta e odia...

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte, ...

Il Chopper di Alan Oakley e i miei sogni di ragazzino

È morto ieri a 85 anni Alan Oakley, l'uomo che nel 1967 progettò per la Raleigh uno dei più singolari e fortunati modelli di bicicletta, la "Chopper", che salvò dal fallimento la fabbrica inglese. Il primo esemplare della strana bici fu messo in vendita in Inghilterra nel settembre del 1969, ed uscì di produzione nel 1984 con il record di 1,5 milioni di pezzi venduti. Per noi adolescenti degli anni '70 la chopper era rivoluzionaria, con il suo sedile largo con lo schienale, il cambio con la leva come un'automobile, la ruota posteriore grande e quella anteriore piccolissima, il manubrio altissimo e ripiegato all'interno. Per noi ragazzi nati alla fine degli anni '50 la bici era solo quella pesante d'acciaio da corsa o da città, non c'era l'alluminio, al massimo l'olandesina, ma solo per le donne o per contadini emiliani. Ancora non erano nate le mountain bike e l'unica altra rivoluzionaria apparsa sulle strade era la Graziella...