Da oggi parte su questo blog una nuova rubrica, "Il libro di Kricet". Sono consigli di lettura, o di "non lettura" che il nostro critico letterario, Kricet appunto, ci offrirà periodicamente. E, alla fine del consiglio, Kricet sintetizzarà, su una scala di valore crescente, da 1 a 3 a criceti, il suo giudizio. Se poi il giudizio fosse completamente negativo, il giudizio sarà sintetizzato da una gabbia per criceti vuota.
Alla prossima. Kricet
Si comincia con ‘Vita sentimentale di un camionista’, di Alicia Giménez-Bartlett, edizione Sellerio, 2004.
Vita sentimentale di un camionista è un quadro a tinte mogie sulla mediocrità della vita delle persone desolatamente comuni, che vivono mirando basso.
E’ una storia diluita che parla di solitudini e di orizzonti limitati senza portare da nessuna parte. Non c’è un epilogo, nè uno spunto critico esplicito, il che stupisce se si fa il paragone con Segreta Penelope (sempre della stessa autrice) in cui la narrazione è scandita dal ritmo di continue analisi-e-riprensioni.
Rafael, il protagonista, guida il camion, ha forse trentacinque anni ed è un bel tipo che sa di esserlo ma non ne fa particolare vanto. Ha una sua personale individualità anche se banale: ama il suo abitacolo, ama la solitudine e si rilassa guidando; frequenta bordelli spesso e volentieri. Quando Rafael entra nei ristoranti non si aggrega mai alla ciurma dei colleghi grossier e preferisce stare per conto suo, o magari con l’amico Luis. Ascolta canzoni romantiche e ha due ragazze che incontra con una certa frequenza. E’ un duro però, e si comporta sempre in modo che le sue fidanzate non si illudano, tuttavia con entrambe costruisce un rapporto squallido che poi finisce per turbarlo e infastidirlo profondamente. Rafael non si fa mai molte domande: il massimo della riflessione per lui è considerare fra sé e sé di saper prendere il meglio dalla vita: le prostitute più educate, le camicie pulite e stirate, la sua preziosa solitudine, una famiglia lontana ma ben sistemata, le sigarette il whisky e il cibo.
A proposito, è abbastanza scontato il fatto che il nostro eroe sia sposato e abbia due figlie piccole con le quali non ha quasi contatto affettivo. La moglie poi, è lo stilema della donna di casa: sola, assorbita dalle faccende, ordinata e con il sogno di aprire un negozio di abbigliamento per bambini insieme alla sua dirimpettaia. Basta, non vi racconto altro. Colpisce il fatto che i personaggi non dimostrino mai una nota di entusiasmo per alcunché.
Concludendo, il romanzo si legge molto bene e per un po’ è spassoso, ma presto ci si rende conto che non si gratta mai la superficie degli eventi e questo mi ha infastidita. Capisco che dietro ci sia l’intenzione dall’autrice di spingere il lettore a riflettere su un diffuso stato delle cose, ma, visto che il tema del romanzo è così abulico e inerte, non mi persuado di quale ‘grande comprensione’ si debba mai raggiungere dopo questo lavorio. Allora tanto vale guardare C’è Posta per te e la De Filippi.
Giudizio finale:Vita sentimentale di un camionista è un quadro a tinte mogie sulla mediocrità della vita delle persone desolatamente comuni, che vivono mirando basso.
E’ una storia diluita che parla di solitudini e di orizzonti limitati senza portare da nessuna parte. Non c’è un epilogo, nè uno spunto critico esplicito, il che stupisce se si fa il paragone con Segreta Penelope (sempre della stessa autrice) in cui la narrazione è scandita dal ritmo di continue analisi-e-riprensioni.
Rafael, il protagonista, guida il camion, ha forse trentacinque anni ed è un bel tipo che sa di esserlo ma non ne fa particolare vanto. Ha una sua personale individualità anche se banale: ama il suo abitacolo, ama la solitudine e si rilassa guidando; frequenta bordelli spesso e volentieri. Quando Rafael entra nei ristoranti non si aggrega mai alla ciurma dei colleghi grossier e preferisce stare per conto suo, o magari con l’amico Luis. Ascolta canzoni romantiche e ha due ragazze che incontra con una certa frequenza. E’ un duro però, e si comporta sempre in modo che le sue fidanzate non si illudano, tuttavia con entrambe costruisce un rapporto squallido che poi finisce per turbarlo e infastidirlo profondamente. Rafael non si fa mai molte domande: il massimo della riflessione per lui è considerare fra sé e sé di saper prendere il meglio dalla vita: le prostitute più educate, le camicie pulite e stirate, la sua preziosa solitudine, una famiglia lontana ma ben sistemata, le sigarette il whisky e il cibo.
A proposito, è abbastanza scontato il fatto che il nostro eroe sia sposato e abbia due figlie piccole con le quali non ha quasi contatto affettivo. La moglie poi, è lo stilema della donna di casa: sola, assorbita dalle faccende, ordinata e con il sogno di aprire un negozio di abbigliamento per bambini insieme alla sua dirimpettaia. Basta, non vi racconto altro. Colpisce il fatto che i personaggi non dimostrino mai una nota di entusiasmo per alcunché.
Concludendo, il romanzo si legge molto bene e per un po’ è spassoso, ma presto ci si rende conto che non si gratta mai la superficie degli eventi e questo mi ha infastidita. Capisco che dietro ci sia l’intenzione dall’autrice di spingere il lettore a riflettere su un diffuso stato delle cose, ma, visto che il tema del romanzo è così abulico e inerte, non mi persuado di quale ‘grande comprensione’ si debba mai raggiungere dopo questo lavorio. Allora tanto vale guardare C’è Posta per te e la De Filippi.
Alla prossima. Kricet
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