Passa ai contenuti principali

L'abbattimento del Velodromo di Roma

Costruito per le Olimpiadi di Roma, nel quartiere dell'EUR, per le gare di ciclismo su pista il Velodromo (*) fu inaugurato il 30 aprile del 1960.

Un'immagine del Velodromo ancora efficiente

Oggi è di proprietà dell'EUR spa. Sulla sua pista si sono svolte le gare ciclistiche delle Olimpiadi del 1960, i Campionati del mondo del 1968 e, nel 1967, vi è stato anche battuto il record dell'ora.
L'ultima manifestazione svoltasi al velodromo con la partecipazioine del pubblico fu quella dei mondiali del 1968. Successivamente, a causa di fenomeni di assestamento delle strutture e delle tribune del pubblico, l'uso dell'impianto fu dapprima limitato ai soli allenamenti del ciclismo e dell' hockey su prato, e successivamente, abbandonato.

Così si presenta oggi il Velodromo, abbandonato e fatiscente

Il Consiglio Comunale di Roma, con delibera del 3 aprile 2006, approvò il programma di interventi “per il recupero e trasformazione del Velodromo Olimpico e nuova edificazione dell’area denominata Oceano Pacifico” e la costruzione della “Cittadella dell’acqua, dello sport e del benessere”.
L’area dell’ex velodromo ospiterà, secondo i progetti, un centro multifunzionale a carattere sportivo e ricreativo che si estenderà su una superficie di 32.500 metri quadrati. La struttura sarà dotata di spazi per attività di supporto: spazi commerciali, uffici, ristorazioni ed attrezzature ricettive/mediche. In particolare, è prevista la realizzazione di:
- un centro acquatico e di benessere per 9 mila mq, con piscina olimpica omologata per gare internazionali di nuoto e pallanuoto (12.000 mq);
- un albergo;
- un centro medico di diagnostica e riabilitazione motoria;
- uffici per la promozione e la gestione della struttura (per altri 13.500 mq);
- negozi e attività sportive esterne per ulteriori 7.000 mq.
Insomma, detto in altre parole, al posto del Velodromo sorgerà la solita concentrazione di cemento a prevalente interesse dei costruttori e dei "bottegai", vero motore della città eterna, per la modica cifra di 130 milioni di euro (suscettibili ovviamente di rialzi in corso d'opera).

A "copertura" saranno anche realizzate opere pubbliche complementari, tra cui un polo scolastico (asilo nido, scuola materna e media), una ludoteca, un centro anziani, spazi per il Municipio e la “Casa del Ciclismo” nel Quartiere Laurentino (forse sarebbe il caso di chiamarla "museo della memoria del ciclismo!).

Ma la fame di cemento non era ancora saziata: l’intervento prevede anche la cessione da parte di EUR S.p.A. al Comune di Roma del complesso immobiliare “Tre Fontane”, dove troveranno sistemazione definitiva su una superficie di 38mila metri quadrati la Federazione Ciclistica Italiana e la Federazione Italiana Sport Disabili (FISD), ovviamente in costruzioni nuove, corredate degli indispensabili esercizi commerciali.

E ieri, 23 luglio, era programmato l'abbattimento del Velodromo con l'utilizzo della dinamite.
Un'altra immagine del Velodromo pericolante

Un granello di sabbia ha però inceppato il rodato meccanismo affaristico/speculativo: improvvisamente, come in un film d'azione, il conto alla rovescia per l'esplosione delle cariche è stato bloccato: pochi minuti prima del "boom" è arrivata un'ordinanza del Tribunale che intimava il blocco delle operazioni.

All'interno del velodromo erano state piazzate 500 cariche di tritolo innescate. L'Eur spa con un comunicato ha fatto sapere che: «Avevamo tutti i nulla osta, questa mattina abbiamo effettuato lo sgombero dell'area abitata da senza tetto ma la prevista demolizione è stata bloccata da un'ordinanza del giudice dottoressa Di Leo partita dopo un esposto dei cittadini».

Temo che purtroppo il Velodromo sarà abbattuto, a tutto favore della lobby dei costruttori che tirerà su tutto il cemento che ho elencato sopra. Tuttavia il segnale arrivato ieri è che forse una flebile luce di onestà e correttezza ancora brilla nella nostra società. Chissà, forse è un segnale di speranza.


AGGIORNAMENTO

Il Velodromo è stato abbattuto il 24 luglio. Questa è una testimonianza fotografica esclusiva dell'esplosione, della quale ringrazio la fotografa, Francesca


(*) Il Velodromo occupa una superfice di 55.500 mq, ha una struttura di cemento armato in corrispondenza della tribuna principale, le altre tribune sono appoggiate su riporti di terra stabilizzata meccanicamente. Le gradinate consentono una perfetta visibilità da ogni ordine di posti, hanno infatti un andamento variabile non solo in senso trasversale ma anche longitudinale. La pista ha uno sviluppo di 400 metri, una larghezza costante di 7,5 metri, oltre la fascia azzurra di 0,75 metri. L'impianto dispone di una capienza di 17.660 spettatori suddivisa in tre ordinio di posti: in piedi in corrispondenza delle curve; seduti, nella gradinata principale di calcestruzzo armato, coperta parzialmente da una pensilina metallica; seduti nella gradinata dei distinti.

Commenti

Anonimo ha detto…
Ah quant'era bello il velodromo.
Ci passo spesso accanto e con gli anni l'ho visto diventare una vera schifezza, abbandonato a se stesso.
Tante, troppe, volte con mio marito ci siamo domandati perché non lo ristrutturassero; lui si lo ricorda ancora di quando il padre ce lo portava ad allenarsi: "A Francé, non poi capì 'na volta che ruzzolone e che bruciature sulle gambe..."
E poi che cavolo c'entra la cittadella dell'acqua e le piscine, non le potevano andare a fare altrove?
E la "casa del ciclista" é un'altra buffonata, nel progetto ci sono una pista mtk e uno skate-park...
Ma soprattutto, che faranno dopo aver abbattuto il Velodromo, cambieranno nome pure alla strada o sposteranno Via Del Ciclismo al Laurentino?
Mamaa
Anonimo ha detto…
Ore 17.50, un boato "Mamma è un tuono?".
Mi affaccio, un mare di polvere all'orizzonte...
"No Ale, hanno appena tirato giù il velodromo. Corro a prendere la macchina fotografica..."

Mamaa
magociclo ha detto…
Ingiustizia è stata fatta: il prefetto di Roma oggi, 24 luglio, ha ordinato, per motivi di ordine pubblico, di far esplodere i 120 kili di tritolo piazzati dentro al Velodromo.
E quindi alle 17.45 le cariche sono state fatte brillare e ora il Velodromo non esiste più.
Qui il fotoracconto della demolizione:
http://www.ilmessaggero.it/fotogallery.php?id=6781

L'ennesimo assurdo misfatto contro la città è stato compiuto. Il prefetto Mosca, nonostante DUE ordinanze del giudice Di Leo che bloccavano la demolizione e ordinavano di disinnescare le cariche, ha opposto ragioni di ordine pubblico ed ha ordinato di far brillare le cariche.

Post popolari in questo blog

L'arco e la via di Tiradiavoli. E' pericoloso passarci?

Lo sapete che a Roma esiste una via che si chiamava “via Tiradiavoli”? E che su questa via passa un arco chiamato “arco Tiradiavoli”? E che molti di noi la percorrono ogni giorno senza saperlo? E sarà pericoloso questo passaggio? Fermi tutti, innanzitutto spieghiamo dove siamo: ci troviamo su via Aurelia (antica) nel tratto che fiancheggia da un lato Villa Pamphili e dall’altro il giardino di Villa Abamelek, la residenza romana dell’ambasciatore russo a Roma. Il posto è questo che vedete qui nella foto   Ma perché il popolo romano chiamava questa via, e l’arco, che la sovrasta, “Tiradiavoli”?  Una possibilità riguarda la figura della celeberrima Olimpia Maidalchini Pamphili, la celebre “Pimpaccia” a cui è anche intitolata una via qui vicino, Via di Donna Olimpia.  Questa donna, spregiudicata e abile, grazie alle sue capacità fu potentissima durante il pontificato di Innocenzo X, nella prima metà del 17° secolo. Questa sua avidità di denaro e potere la resero temuta e odiata dal popolo

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte,

La storia infinita dell'ex residence Bravetta

Il Corriere della Sera del 28 maggio dà notizia della condanna di Barbara Mezzaroma a 23 mesi di reclusione per aver demolito un palazzo nell’ex residence Bravetta, senza averne il permesso. La contestazione mossa all’amministratrice delegata di Impreme è di abuso in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in violazione del testo unico sull’edilizia e del codice dei beni culturali e del paesaggio. La demolizione è avvenuta tra il 2015 e il 2017, mentre il Comune nel 2007 si era accordato con il gruppo Mezzaroma per la riqualificazione del residence, realizzato negli anni Settanta. Quello che a noi abitanti del quartiere risulta difficile da comprendere è il contenuto della decisione del giudici. Il giudice ha infatti stabilito che la Mezzaroma dovrà ricostruire l’immobile e pagare un risarcimento danni al Comune pari a 70 mila euro. Condizione questa cui è sottoposta la sospensione della pena. La domanda che noi ci poniamo è "ma il giudice ha presente cosa sia l