La vicenda è grave, per un ciclista orgoglioso come me, e dunque provo a creare una serie di giustificazioni che almeno parzialmente alleggeriscano la mia vergogna.
Partiamo dal luogo: sono a Genazzano, provincia di Roma.
Perché sono lì? perchè alle 8.30 si correrà una gara amatoriale di ciclismo su strada. Ho deciso di partecipare, ed è la mia prima volta.
Sono partito alle 6 da casa, dopo una notte quasi insonne. Ho "caricato" l'amico Caio F., che abita dall'altra parte della città e, con una quarantina di minuti di autostrada, siamo arrivati a Genazzano.
Incidente seccante per chi si è preparato a correre una gara di montagna di 60 km, non trovate?
Salgo a piedi verso la piazza, dove i ciclisti partecipanti alla gara si riuniscono e, spinto da Fabrizio, comincio a chiedere se qualcuno ha una ruota da prestarmi. In risposta qualche sorrisetto fra il compatimento e la presa per i fondelli. Li capisco e vado dagli organizzatori. Mi presento: loro sono tutti uomini maturi, impegnatissimi nelle fasi finali della preparazione. Uno di loro, Gigi (un vero angelo della bici, ma di questo parleremo in un altro post), mi guarda e mi fa "si llo sapevo prima che tte serviva 'na rota te la portavo da casa. Mo' però cciò daffà". Poi mi guarda, vede i miei occhi imploranti e afflitti, fa un sospirone e mi dice "ma la rota che ggiò io è da 19, va bbene uguale?". Capisce subito che a me andrebbe bene una qualsiasi ruota, dal trattore al monopattino, pur di partecipare alla gara, e mi intima "ashpettame gguà".
La gara può partire. Ma questa è un'altra storia.
Partiamo dal luogo: sono a Genazzano, provincia di Roma.
Perché sono lì? perchè alle 8.30 si correrà una gara amatoriale di ciclismo su strada. Ho deciso di partecipare, ed è la mia prima volta.
Sono partito alle 6 da casa, dopo una notte quasi insonne. Ho "caricato" l'amico Caio F., che abita dall'altra parte della città e, con una quarantina di minuti di autostrada, siamo arrivati a Genazzano.
Scarico dall'auto per prima la bici di Caio F., che sta agganciata esternamente su un apposito supporto. Apro poi il portellone posteriore dell'automobile, prendo la mia bici, la poggio per terra e mi chino verso il portabagli per prendere la ruota anteriore, che avevo rimosso per mettere la bici in macchina e...
...già, ma dov'è la ruota? Un tragico flash mi illumina la mente: la ruota sta buona buona a 70 km di distanza, nel mio garage. Ho semplicemente dimenticato di metterla in macchina.
...già, ma dov'è la ruota? Un tragico flash mi illumina la mente: la ruota sta buona buona a 70 km di distanza, nel mio garage. Ho semplicemente dimenticato di metterla in macchina.
Incidente seccante per chi si è preparato a correre una gara di montagna di 60 km, non trovate?
Salgo a piedi verso la piazza, dove i ciclisti partecipanti alla gara si riuniscono e, spinto da Fabrizio, comincio a chiedere se qualcuno ha una ruota da prestarmi. In risposta qualche sorrisetto fra il compatimento e la presa per i fondelli. Li capisco e vado dagli organizzatori. Mi presento: loro sono tutti uomini maturi, impegnatissimi nelle fasi finali della preparazione. Uno di loro, Gigi (un vero angelo della bici, ma di questo parleremo in un altro post), mi guarda e mi fa "si llo sapevo prima che tte serviva 'na rota te la portavo da casa. Mo' però cciò daffà". Poi mi guarda, vede i miei occhi imploranti e afflitti, fa un sospirone e mi dice "ma la rota che ggiò io è da 19, va bbene uguale?". Capisce subito che a me andrebbe bene una qualsiasi ruota, dal trattore al monopattino, pur di partecipare alla gara, e mi intima "ashpettame gguà".
La gara può partire. Ma questa è un'altra storia.
Commenti
:-)
Complimenti comunque per il coraggio di partecipare con una ruota diversa!