Passa ai contenuti principali

25 aprile e bicicletta

C'è un legame profondo, anche strano, antico fra la giornata del 25 aprile, in cui l'Italia celebra la liberazione dal nazifascismo, e la bicicletta. Forse è il ricordo delle staffette partigiane, forse è il desiderio di collegare la memoria della liberazione del Paese ad un oggetto (la bicicletta) e ad un'attività (il ciclismo) che "sanno" di buono, di bello, di stabile, di sicuro. Fatto sta che oramai da molti anni, e ogni anno di più, festeggiare la giornata della liberazione a Roma si lega alla bicicletta.
Certamente il merito va innanzitutto al Gran Premio Ciclistico della Liberazione, che si corre in circuito fra le Terme di Caracalla, Porta S. Paolo, la passeggiata archeologica.


passaggio dei ciclisti sotto la lapide che ricorda la lotta della resistenza a Roma

Ma sono tanti i ciclisti che in questa giornata legano fra di loro vari luoghi della memoria antifascista con un circuito ciclistico "indipendente", fatto di memorie personali e pubbliche.
Questa è la breve cronaca del mio circuito ciclistico della memoria.

La prima, dolorosa, tappa è alle fosse ardeatine.
Il sole caldo e il cielo azzurro, azzurro come solo a Roma si vede in primavera, non riesce a distrarre il visitatore dal dolore profondo che promana da questo luogo. E' l'urlo muto delle 335 vittime innocenti che, rastrellate dalla truppe naziste, furono condotte nelle cave ardeatine il 23 marzo 1944 e lì trucidate con una raffica di proiettili. Chissà, forse in quel marzo di 67 anni fa pioveva e le cave erano un pantano di fango. Una raffica, una vita stroncata, e avanti il successivo. Così per 335 volte. L'ingresso alle cave fatto saltare con la dinamite, quasi a voler cancellare i segni di quell'orrore. E oggi il Paese rende onore a quei martiri innocenti: autorità, picchetti militari d'onore, squilli di tromba. Ma l'urlo silenzioso ancora lacera i cuori di chi entra in questo luogo.

La turpe rappresaglia delle fosse ardeatine originò dall'attacco partigiano al comando tedesco di via Rasella. Ancor oggi sul palazzo all'angolo di via del Boccaccio ci sono i segni delle schegge partite dal carretto dell'immondizia imbottito di esplosivo, che i partigiani utilizzarono per attaccare le truppe tedesche.



Un gruppo organizzato di ciclisti visita il palazzo di via Rasella

Il capo della Gestapo a Roma era, nel marzo 1944, l'ufficiale tedesco Kappler, che aveva organizzato in un palazzo di via Tasso un centro di detenzione e tortura di chiunque fosse sospettato di collaborazione con le formazioni partigiane. Oggi, in quegli stesso locali dove tanti romani subirono feroci torture, ha sede il Museo Storico della Liberazione.

Colpisce vedere un adulto che entra nel museo accompagnato da un bambino, quasi a voler trasmettere alle nuove generazioni l'orrore per quello che solo 67 anni fa avvenne a Roma.

Una tappa obbligata del circuito della memoria è il quartiere ebraico di Roma, il "Ghetto", sulla sponda sinistra del Tevere all'altezza dell'isola Tiberina.


Un quartiere straziato dai rastrellamenti e dalle persecuzioni che insozzarono anche Roma durante gli anni della dittatura nazifascista.



Un particolare delle targhe affisse su un muro al Portico di Ottavia a memoria delle persecuzioni nazifasciste contro gli ebrei, iniziate nell'ottobre 1943

Torno a porta S. Paolo: il Gran Premio Ciclistico sta terminando, il gruppo si è sgranato, gli ultimi arrancano ma non mollano. Sull'altro lato della piazza si sta svolgendo una manifestazione politica.

Sembra tutto calmo, anche se poi più tadi saprò che ci sono stati momenti di tensione e lanci di frutta contro le autorità.

Il mio personale giro in bici del 25 aprile è terminato. Ho visitato i luoghi della memoria cittadina, l'ho fatto pedalando e riflettendo e spero che la voglia di riflettere su quello che successe allora rimanga in tutti ancora oggi.

Commenti

Post popolari in questo blog

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte, ...

Il Chopper di Alan Oakley e i miei sogni di ragazzino

È morto ieri a 85 anni Alan Oakley, l'uomo che nel 1967 progettò per la Raleigh uno dei più singolari e fortunati modelli di bicicletta, la "Chopper", che salvò dal fallimento la fabbrica inglese. Il primo esemplare della strana bici fu messo in vendita in Inghilterra nel settembre del 1969, ed uscì di produzione nel 1984 con il record di 1,5 milioni di pezzi venduti. Per noi adolescenti degli anni '70 la chopper era rivoluzionaria, con il suo sedile largo con lo schienale, il cambio con la leva come un'automobile, la ruota posteriore grande e quella anteriore piccolissima, il manubrio altissimo e ripiegato all'interno. Per noi ragazzi nati alla fine degli anni '50 la bici era solo quella pesante d'acciaio da corsa o da città, non c'era l'alluminio, al massimo l'olandesina, ma solo per le donne o per contadini emiliani. Ancora non erano nate le mountain bike e l'unica altra rivoluzionaria apparsa sulle strade era la Graziella...

Roma non è Valencia

Roma non è Ferrara, ma nemmeno Valencia. In questi giorni si discute a Roma della costruzione di un ponte ciclopedonale sull'Aniene che sarà pronto nel 2011 e di un ponte sul Tevere, all'altezza di lungotevere Flaminio, che la città aspetta da oltre 100 anni. E mentre Roma parla a Valencia, terza città della Spagna, 800.000 abitanti e 78 km di piste ciclabili, hanno costruito in 4 anni scarsi, praticamente dal nulla, un porto gigantesco e bellissimo per l’America’s Cup. Hanno creato un parco urbano, quello del Turia, deviando l’omonimo fiume, (avete capito bene: hanno deviato il letto del fiume dal centro della città alla periferia!!) che offre uno sfogo verde a tutta la città. Il vecchio corso del fiume è diventato il Jardín del Turia, grande giardino e polmone verde della città. Lungo questo giardino si alternano impianti sportivi e prati. Lungo le due (ex) rive si trovano alcuni dei principali musei, monumenti e punti di interesse turistico della città che rendono questo gra...