Passa ai contenuti principali

Tattoo

In un commento al precedente post radiobeba ha posto una giusta considerazione: io ho i tatuaggi, mi devo preoccupare?
E allora, per sgomberare il campo da dubbi, vi porto in un attimo a Miami beach, in Florida, all'interno di una bottega che ha un nome chiarissimo"Miami Ink". In realtà Miami Ink è il titolo di un programma Cult della tv satellitare "Discovery Channel" in cui è descritta minuziosamente l'attività di una bottega di tatuaggi gestita da un gruppo di artisti.

Finora non mi ero mai posto il problema dei tatuaggi, su chi li facesse, con quale tecnica e, soprattutto, con quale scopo. Bé, questa trasmissione ha risposto a molte delle mie domande. Ho visto passare in Miami Ink uomini e donne di ogni età ed estrazione sociale, e gli artisti sforzarsi di capire, oltre al gusto del cliente, anche la motivazione profonda che spinge una persona a farsi incidere e colorare la pelle in modo che ne resti una memoria senza tempo.
Molti chiedono un tatuaggio per ricordare qualcuno che non c'è più: un genitore, un figlio, un compagno/a di vita.

Ed è a questa serie che appartiene la libellula che un papà si è fatto tatuare in memoria di Tegan, il figlio di 4 anni morto in un incidente di auto.








Altri invece vogliono ricordare un amore finito, mentre altri ancora cercano nel tatuaggio la protezione dalle brutture della vita. Bellissimo fra questi ultimi la "carpa giapponese".





Certo non è sempre facile accettare l'idea che qualcuno si faccia tatuare l'intero corpo come fosse un affresco,
ma il valore e l'emozione che suscitano alcuni di questi disegni sulla pelle superano anche questo disagio. E certamente gli artisti di Miami Ink hanno poco da invidiare ai loro colleghi che lavorano su tela, carta o legno. Mi sembra, per la scarsissima conoscenza che ho di questo fenomeno, che i tatuaggi che si fanno in Italia sono poco più che degli esercizio di stile, poco colorati, molto piccoli. Sarà per la paura di chi li deve esibire o per la minor bravura di chi li esegue? E voi, avete un tatuaggio? cosa rappresenta? perché, se ce l'avete, ve lo siete fatto fare? Forza, senza timori, e se qualcuno volesse integrare questa galleria non deve far altro che inviarmi il suo tatuaggio preferito e lo vedrà pubblicato nel blog!!

Commenti

Anonimo ha detto…
uau che bello, qualcuno che si interroga senza pregiudizi.
si perchè i tattoo in effetti sono tamarri, ma hanno il loro bel perchè -ed ognuno ha la sua motivazione, più o meno profonda, più o meno importante.
in fondo, si tratta di qualcosa che s'indossa per sempre..

comunque io ne ho tre;
un girasole sulla scapola, nato piccino e sucessivamente ingigantito, perchè era il fiore mio e di mio papà.
un geco che si arrampica sulla caviglia, che per me ha un privatissimo significato d'emancipazione.
e infine un sole coi gabbiani, tra la schiena e la chiappa, per la libertà di testa; che è da completare di raggi colorati in onore di mio figlio Libero.

sono tutti non troppo piccoli, non troppo invadenti, tutti colorati; vado sempre nello stesso negozio, sono professionisti e fanno specie di "scambi" con artisti di altri paesi, per offrire un tattoo il più possibile personalizzato ed originale -non quelle robe in serie da modaioli accaniti, tipo i tribali, i maori o i tao...
per dire, il mio geco l'ha fatto un colosso brasiliano di una bellezza strepitosa -ed ha avuto una mano davvero eccezionale.



ehm... l'argomento m'ha fatto dilungare un po' troppo, pardon
:-)

Post popolari in questo blog

L'arco e la via di Tiradiavoli. E' pericoloso passarci?

Lo sapete che a Roma esiste una via che si chiamava “via Tiradiavoli”? E che su questa via passa un arco chiamato “arco Tiradiavoli”? E che molti di noi la percorrono ogni giorno senza saperlo? E sarà pericoloso questo passaggio? Fermi tutti, innanzitutto spieghiamo dove siamo: ci troviamo su via Aurelia (antica) nel tratto che fiancheggia da un lato Villa Pamphili e dall’altro il giardino di Villa Abamelek, la residenza romana dell’ambasciatore russo a Roma. Il posto è questo che vedete qui nella foto   Ma perché il popolo romano chiamava questa via, e l’arco, che la sovrasta, “Tiradiavoli”?  Una possibilità riguarda la figura della celeberrima Olimpia Maidalchini Pamphili, la celebre “Pimpaccia” a cui è anche intitolata una via qui vicino, Via di Donna Olimpia.  Questa donna, spregiudicata e abile, grazie alle sue capacità fu potentissima durante il pontificato di Innocenzo X, nella prima metà del 17° secolo. Questa sua avidità di denaro e potere la resero temuta e odiata dal popolo

Di che colore erano le città del medioevo?

Spesso, visitando le splendide città medioevali italiane, maturiamo la convinzione che esse fossero molto austere, nelle forme e nel colore. Le mura, le case, le torri, le cattedrali ci appaiono oggi nei colori della pietra, anche scurita dal passare del tempo. E invece sbagliamo. Dobbiamo dire grazie ad artisti come Benozzo Gozzoli e Giotto se oggi sappiamo con certezza che le città medioevali erano delle vere e proprie "follie cromatiche " ( cit.  Philippe Daverio ). Ad esempio Arezzo, nel quadro di Benozzo Gozzoli, era così all'epoca di S. Francesco, con facciate delle case rosso vivo o blu intenso: E anche Giotto ci ha lasciato una sua immagine di Arezzo sgargiante nei suoi colori: Ma anche le grandi cattedrali gotiche (aggettivo che oggi usiamo per indicare realtà austere, essenziali) del nord Europa dovevano essere tutt'altro che grigie. Ad esempio, questa è la facciata della cattedrale di Limburg an der Lahn, in Germania, 70 km a nord di Francoforte,

La storia infinita dell'ex residence Bravetta

Il Corriere della Sera del 28 maggio dà notizia della condanna di Barbara Mezzaroma a 23 mesi di reclusione per aver demolito un palazzo nell’ex residence Bravetta, senza averne il permesso. La contestazione mossa all’amministratrice delegata di Impreme è di abuso in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in violazione del testo unico sull’edilizia e del codice dei beni culturali e del paesaggio. La demolizione è avvenuta tra il 2015 e il 2017, mentre il Comune nel 2007 si era accordato con il gruppo Mezzaroma per la riqualificazione del residence, realizzato negli anni Settanta. Quello che a noi abitanti del quartiere risulta difficile da comprendere è il contenuto della decisione del giudici. Il giudice ha infatti stabilito che la Mezzaroma dovrà ricostruire l’immobile e pagare un risarcimento danni al Comune pari a 70 mila euro. Condizione questa cui è sottoposta la sospensione della pena. La domanda che noi ci poniamo è "ma il giudice ha presente cosa sia l