Ieri sera, in casa, passando da una stanza all'altra, ho intercettato un'immagine in tv che mi ha portato alla mente un episodio accaduto qualche settimana fa. L'immagine evocativa era una scena del film "Ho voglia di te", tratto dal libro di Moccia, in cui si vedevano le ormai note immagini di una giovane coppia che chiude un lucchetto, pegno di amore imperituro, su un lampione di ponte Milvio, a Roma, e lancia la chiave nel Tevere...
...è sabato mattina, l'aria fresca, ma sono sudato perché sto pedalando in bici da oltre 2 ore. Il mio partner di scorribande ciclistiche, Marco, imbocca ponte Milvio brontolando contro i tanti ambulanti che vendono lucchetti, esposti su poveri stracci poggiati sul selciato, ma ancor di più contro le decine di "pischelli" che attaccano i lucchetti alle catene provvidenzialmente installate dal comune lungo il ponte per proteggere i lampioni.
La mia attenzione però viene attratta da un gruppetto di ragazzi di circa 15 anni che si sporgono dal parapetto del ponte e, vociando come solo i ragazzi di 15 anni sanno fare, additano qualcosa. Non resisto, mi fermo e di colpo vengo precipitato nella più assurda e divertente caccia grossa che abbia mai visto!
Oggetto dell'attenzione dei ragazi sono un paio di grossi topi che scorrazzanno sulla sottostante banchina, apparendo e scomparendo fra gli arbusti, incuranti del vociare soprastante. L'atmosfera è quella di una battuta di caccia grossa nel Serengeti, con i Masai che braccano un branco di antilopi. Ci sono gli avvistatori, i battitori, le donne che attendono la preda e infine loro, sì, i cacciatori, 2 "pischelli", i più svegli del gruppo, capelli ricci, occhio attento e arma nella mano, pronti a scagliare il dardo contro la preda inquadrata. L'unica differenza è proprio nell'arma: non la freccia dalla punta avvelenata, non la lancia silenziosa e potente ma...una chiave!
Sì, l'arma impugnata dai cacciatori di ponte Milvio era la chiave di un lucchetto appena serrato su una catena. Invece di lanciare stoltamente la chiave nel fiume, i 2 cacciatori cercavano di regalare al metallico oggetto una fine gloriosa di arma venatoria. Il problema era che le "prede" non davano peso al pericolo incombente e continuavano a spostarsi nella fratta in cerca di cibo senza alcuna apparente preoccupazione.
Non ho avuto il coraggio di restare lì, inoperoso spettatore della caccia. Ho inforcato la bici sorridendo al pensiero di quello che i 2 toponi si stessero dicendo in quel momento:
"Aho, ma seconno te che vonno 'sti regazzini là sopra? si urleno ancora 'npo me sa cche me ne vado da n'antra parte che qui mme sto a stufà".
"E cciai raggione cciai...e poi che vorranno di' 'ste chiavi che tireno de sotto? armeno ce tirassero 'npezzo de pane, 'na crosta de formaggio, che co' tutto 'sto casino me sta a vvenì fame!"
...è sabato mattina, l'aria fresca, ma sono sudato perché sto pedalando in bici da oltre 2 ore. Il mio partner di scorribande ciclistiche, Marco, imbocca ponte Milvio brontolando contro i tanti ambulanti che vendono lucchetti, esposti su poveri stracci poggiati sul selciato, ma ancor di più contro le decine di "pischelli" che attaccano i lucchetti alle catene provvidenzialmente installate dal comune lungo il ponte per proteggere i lampioni.
La mia attenzione però viene attratta da un gruppetto di ragazzi di circa 15 anni che si sporgono dal parapetto del ponte e, vociando come solo i ragazzi di 15 anni sanno fare, additano qualcosa. Non resisto, mi fermo e di colpo vengo precipitato nella più assurda e divertente caccia grossa che abbia mai visto!
Oggetto dell'attenzione dei ragazi sono un paio di grossi topi che scorrazzanno sulla sottostante banchina, apparendo e scomparendo fra gli arbusti, incuranti del vociare soprastante. L'atmosfera è quella di una battuta di caccia grossa nel Serengeti, con i Masai che braccano un branco di antilopi. Ci sono gli avvistatori, i battitori, le donne che attendono la preda e infine loro, sì, i cacciatori, 2 "pischelli", i più svegli del gruppo, capelli ricci, occhio attento e arma nella mano, pronti a scagliare il dardo contro la preda inquadrata. L'unica differenza è proprio nell'arma: non la freccia dalla punta avvelenata, non la lancia silenziosa e potente ma...una chiave!
Sì, l'arma impugnata dai cacciatori di ponte Milvio era la chiave di un lucchetto appena serrato su una catena. Invece di lanciare stoltamente la chiave nel fiume, i 2 cacciatori cercavano di regalare al metallico oggetto una fine gloriosa di arma venatoria. Il problema era che le "prede" non davano peso al pericolo incombente e continuavano a spostarsi nella fratta in cerca di cibo senza alcuna apparente preoccupazione.
Non ho avuto il coraggio di restare lì, inoperoso spettatore della caccia. Ho inforcato la bici sorridendo al pensiero di quello che i 2 toponi si stessero dicendo in quel momento:
"Aho, ma seconno te che vonno 'sti regazzini là sopra? si urleno ancora 'npo me sa cche me ne vado da n'antra parte che qui mme sto a stufà".
"E cciai raggione cciai...e poi che vorranno di' 'ste chiavi che tireno de sotto? armeno ce tirassero 'npezzo de pane, 'na crosta de formaggio, che co' tutto 'sto casino me sta a vvenì fame!"
Commenti
ho idea i topi di quelle dimensioni le chiavi dei lucchetti se le mangiano!!!!!!!!!!!!!!!:-)