Alcuni anni fa ho avuto l'occasione di conoscere Alitalia molto bene, dall'interno, e ho avuto la possibilità di vedere direttamente molti dei meccanismi che hanno portato la Compagnia aerea alla situazione di sfascio attuale, ed oggi sono addolorato perché purtroppo vedo realizzarsi le nefaste profezie che, senza particolari difficoltà, avevo sviluppato oltre 10 anni fa.
La gestione della Compagnia non ha mai potuto avere realmente attenzione al conto economico ma si è piuttosto rivelata attenta ai mille potentati di turno da accontentare (politici nazionali, di maggioranza e di opposizione, politici locali, potentati economici e sociali), e il risultato è stato un declino continuo, inarrestabile da qualunque manager abbia provato a mettersi contro questo o quel "potente" che in Alitalia trovava base adatta per raggiungere i suoi obiettivi, che non erano quelli di una Compagnia da risanare e rilanciare.
Finora ho preferito tacere, sinceramente addolorato soprattutto per le incognite che il futuro riserva ai tanti amici che ancora lavorano a Fiumicino e a via della Magliana. Ma ieri ho letto un editoriale del WSJ, intitolato (in italiano) "Silvio and Alitalia" e lì ho trovato una voce autorevole ed obiettiva che conferma i miei giudizi.
I commenti sono molto severi e sfruttano la vicenda della Compagnia aerea anche per indicare uno schieramento del giornale americano nella campagna elettorale in corso, tema che per ora preferisco tralasciare. L'aspetto che invece mi ha toccato è stata l'analisi impietosa e finalmente chiara di 2 delle cause che, a giudizio del Wall Street Journal, e anche mio, hanno contribuito a determinare la situazione in cui versa Alitalia:
La gestione della Compagnia non ha mai potuto avere realmente attenzione al conto economico ma si è piuttosto rivelata attenta ai mille potentati di turno da accontentare (politici nazionali, di maggioranza e di opposizione, politici locali, potentati economici e sociali), e il risultato è stato un declino continuo, inarrestabile da qualunque manager abbia provato a mettersi contro questo o quel "potente" che in Alitalia trovava base adatta per raggiungere i suoi obiettivi, che non erano quelli di una Compagnia da risanare e rilanciare.
Finora ho preferito tacere, sinceramente addolorato soprattutto per le incognite che il futuro riserva ai tanti amici che ancora lavorano a Fiumicino e a via della Magliana. Ma ieri ho letto un editoriale del WSJ, intitolato (in italiano) "Silvio and Alitalia" e lì ho trovato una voce autorevole ed obiettiva che conferma i miei giudizi.
I commenti sono molto severi e sfruttano la vicenda della Compagnia aerea anche per indicare uno schieramento del giornale americano nella campagna elettorale in corso, tema che per ora preferisco tralasciare. L'aspetto che invece mi ha toccato è stata l'analisi impietosa e finalmente chiara di 2 delle cause che, a giudizio del Wall Street Journal, e anche mio, hanno contribuito a determinare la situazione in cui versa Alitalia:
- la pervicace volontà delle tante sigle sindacali, comprese quelle confederali, di opporsi a qualunque tentativo di riforma o ristrutturazione della Compagnia (che, detto per inciso, sarebbe già fallita se nel corso dell'ultimo decennio non fosse stata assistita da massicce dosi di capitale iniettate dall'azionista di maggioranza - il ministero dell'Economia e Finanze- e da provvedimenti a carico della collettività per incentivare abbondanti esodi di personale. Iniziative faticosamente fatte accettare ad una Commissione Europea per niente convinta della liceità di simili interventi): "...(The) unions helped to create Alitalia's misfortunes with their numerous strikes and repeated rejection of corporate restructuring..."
- la volontà, opportunistica, del politico di turno di offrire a questi tentativi corporativi una copertura idonea a dar loro forza e consentire quindi ai sindacati di tenere in scacco il management: "The Italian unions would have a much more difficult time taking a hard line if they weren't getting political cover from Mr. Berlusconi." (dove Berlusconi può essere additato per i suoi periodi di governo, ma al quale possono essere aggiunti tranquillamente anche i nomi di chi prima e dopo di lui, a partire dal 1995, ha governato o condizionato la Compagnia).
L'articolo esprime poi il timore che tutti noi, osservatori un tantino addentro alla vicenda, abbiamo maturato: "They'd do well to recall the fate of former Belgian flag carrier Sabena, whose workers refused concession after concession -- until the company finally went out of business."
E, per concludere con il WSJ, tutto questo clamore strumentale, sollevato intorno ad una vicenda che per essere risolta avrebbe bisogno di serietà, programmi duri ma seri, competenze tecniche e disponibilità finanziarie, "That's hardly good news for Alitalia, or for Italy." (non è certo una buona notizia per l'Alitalia, o per l'Italia)
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