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Magociclo sulla Tolfa

Sabato 28 giugno Magociclo decide di sfidare in uscita democratica solitaria il "mito di Tolfa" seguendo metro per metro le indicazioni del saggio ed esperto Alberto, cui vanno i più sentiti ringraziamenti per l'assistenza tecnica e morale a distanza.

Partenza con il treno da Roma S. Pietro. Fin qui niente di nuovo. Arrivo dopo poco più di 1 ora a Manziana. Anche qui nulla di rilevante, se non l'aria, che stagna calda e immobile sul paese.
Ha inizio quella che ai miei occhi appare un'avventura: la scalata della Tolfa.

Esco da Manziana facilmente e inizio i continui saliscendi che portano prima a Canale Monterano e poi al bivio per le Terme di Stigliano. L'umore è alto, le poche salitelle vengono affrontate d'impeto. I kilometri scorrono e dentro di me penso "tutto qua?".

Al km 17 della provinciale 3a, dopo una curva, vedo per la prima volta Tolfa, in alto, su una sella fra due colli. Aaargh... fino a lassù devo arrivare? Mi fermo un attimo, sorso d'acqua, e poi, a testa bassa inizio a pedalare. Passano pochi metri e la strada cambia improvvisamente pendenza: si passa dal lieve pendio alla salita piena. Il delicato "clang clang" del Campagnolo veloce che scende di rapporto si ripete in sequenza veloce ed inesorabile. Trovo il rapporto giusto e decido che con questo passo ce la dovrei fare fino in cima. La velocità oscilla intorno ai 9 km/h, la strada sale senza cedimenti, e senza un filo d'ombra. Il sole picchia sul caschetto, mi domando se anche i beduini nel deserto soffrono così tanto caldo. Il sudore cola dalla fronte e gocciola direttamente dentro agli occhi, facendoli bruciare. Alzo la testa e in lontananza vedo un puntino giallo, che intuisco essere un altro ciclista. Penso "beato lui, ha fatto un pezzo più di me". Riabbasso la testa. Quando la rialzo vedo però che al puntino giallo, meno lontano di prima, se ne sono aggiunti altri. Non essendo stato superato da nessuno intuisco che sono io ad avvicinarmi a loro. Questa constatazione mi dà morale. Resisto alla tentazione di mettere un rapporto più duro e di aumentare la velocità, e continuo con il mio passo. Passano i minuti e il gruppetto oramai è a portata di voce. Li raggiungo e mi presento con un "...ammazza che cardo...(nel senso di calore. Parlo un po' coatto, mi sembra faccia figo), a 50 anni 'ste fatiche nun se possono fa'!" Risposta "pure noi c'avemo 50 anni (si adeguano alla calata romanesca) e stamo a scoppià!".

Mi affianco al gruppetto dei cinquantenni e ne approfitto per prendere un po' di fiato. Ma la vista di un fontanile è letale: due di loro si fermano e gli altri due mi dicono "va' avanti che noi nu' 'ja famo a seguitte. Se vedemo 'n paese". Vabbé, mi tocca l'ascesa in solitaria. Incrocio un deficiente seduto sulla moto che aspetta qualcuno. Mi fa " 'a Bartali, come va? Il peggio l'hai passato...mo vie' er tremendo!" (e si fa una grassa risata). Dentro di me penso dove dovrebbe proseguire la risata, ma evito di comunicarglielo.

Una curva, un'altra curva, la salita ora è spezzettata, ho superato il km 23, dovrei essere vicino, e infatti, superato un dosso cieco vedo il paese, e stavolta non devo alzare la testa a 45° per inquadrarlo, siamo alla stessa altezza. Una targa bianca e le prime case mi confermano che sono arrivato a Tolfa. Foto ricordo e poi corso d'onore lungo la strada principale del paese, fino al palazzo comunale, dove mi faccio fotografare da un paesano, a prova dell'impresa compiuta.

Cerco una fontanella ma scopro che il comune le ha chiuse tutte, non so per risparmiare acqua o per favorire i tanti bar della piazza. Compro una bottiglia di minerale, prendo un caffé e, mentre mi accingo a ripartire, una voce mi chiama: è l'avanguardia del gruppetto che avevo lasciato al fontanile. Non stanno tanto male, riescono anche a parlare un po'. Qualche convenevole, improbabili appuntamenti per le prossime uscite e poi via di nuovo da solo, per quella che penso essere una picchiata verso il mare, modello scivolo per bambini. Neanche per sogno, la strada inizia sì in discesa, per poi però risalire, riscendere, risalire, così fino al mare, tanto per rendere interessante anche il pezzo finale.

Del caldo è inutile parlare: la strada è deserta, animata solo dai fantasmi che mi appaiono sfuggenti in lontananza e che capisco essere dei miraggi causati dall'asfalto bollente.
Sull'Aurelia la bella sorpresa di una pista ciclabile che mi evita la confluenza nel traffico, invero scarso alle 14.00, della grande statale e che mi porta fino alla stazione di Santa Severa.


Bevutona d'acqua calda, quella che esce dalla fontanella della stazione, rituale barretta e treno quasi vuoto.
Giornata memorabile raccontata in pochi numeri: km percorsi: 60,85, media complessiva 19,20 Km/h. Valori "ridicoli", ma soddisfazione immensa. Morale alle stelle!

Commenti

Anonimo ha detto…
Congratulazioni...io ho sudato solo a leggere il tuo racconto...la domanda e' la seguente:

Ma chi te lo ha fatto fare!!!???

BRAVO!
MAP
Anonimo ha detto…
Complimentoni Magociclo!
A Tolfa sono stata solo una volta in gita tanti anni fa, ma ancora mi ricordo la terribile salita!!
Mamaa
Anonimo ha detto…
Bravo !
Quest'inverno Dolomiti?
paolo ha detto…
Bella domanda MAP! Sapessi quante volte me lo sono domandato mentre, con il cuore che scoppiava, salivo metro a metro su salite impossibili, o mentre con le gambe vuote di ogni energia continuavo a mulinare kilometri per raggiungere la meta prefissata.
Qualche risposta ovviamente me la sono data, ma vorrei sentire prima cosa ne pensano gli amici ciclisti che ci leggono. Forza, a voi la parola: perché ci paice faticare così tanto?
Anonimo ha detto…
Faticare? Ma no, lo sai non è fatica, è farsi elemento della natura, è come sorvolo di migratore fra le fronde del bosco, il pedalar ci fa sentire parte vivente del territorio, sia naturale che urbano.
Roma e la sua superstite Campagna, dolci compagne della Vita se le accarezziamo silenziose col pedale.

AVe caiofabricius VALE
magociclo ha detto…
Ecco, lo sapevo: erano mesi che pensavo ad una risposta adatta a spiegare quello che sento quando vado in bici e Caio, oplà, in poche righe ha detto tutto. Faticare? no, non è faticare, è diventare tutt'uno con la natura e con la storia!
Magnifico. Essenziale. Vero.
Grazie Caiofabricius

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